Le nostre aule sono sempre più ricche di alunni stranieri, soprattutto romeni, albanesi e marocchini. Dopo anni di decrescita, i neo immessi nel sistema scolastico italiano, tra l’anno scolastico 2012/2013 e il 2013/2014 sono tornati ad aumentare (più 7.989 ragazzi). E mentre gli iscritti che arrivano da altri Paesi registrano un segno positivo (in quattro anni +19,2%), si osserva un calo degli alunni italiani (-2,0%) dovuto alla diminuzione delle nascite.

A fornire la fotografia dettagliata della popolazione scolastica con cittadinanza non italiana è l’annuale rapporto nazionale presentato in questi giorni a Roma dal Ministero della pubblica Istruzione con la Fondazione Ismu che si occupa di iniziative e studi sulla multietnicità. In Italia si è passati dai 196.414 alunni stranieri (2,2% della popolazione complessiva) all’inizio degli anni duemila ai 802.844 allievi dello scorso anno (9% del totale). La Lombardia si conferma la prima in classifica con 197.202 bambini e giovani frequentanti le nostre aule; seguono l’Emilia Romagna, il Veneto, il Lazio e il Piemonte.

Da osservare tra l’altro che ormai i nati nel nostro Paese costituiscono la maggioranza degli alunni con cittadinanza non italiana considerato che sono il 51,7%. Dati interessanti che vanno letti comunque con preoccupazione dal momento che pur registrando un miglioramento nei percorsi scolastici, con una diminuzione dei ritardi e delle bocciature, resta elevata la mortalità scolastica di questi ragazzi: il tasso di ripetenti tra gli alunni stranieri nell’ultimo anno confermano il divario dei figli di migranti. Nella scuola primaria gli alunni stranieri in ritardo sono il 14,7% contro l’1,9% degli italiani; alle secondaria i numeri aumentano, 41,5% di ragazzi con cittadinanza non italiana in difficoltà a fronte del nostro 7,4%.

Dell’analisi prodotta preoccupa soprattutto il confronto con l’Europa: dei risultati dell’indagine Pisa Ocse 2012 sui quindicenni, per l’area di matematica emerge che l’Italia si colloca fra i Paesi low performers, ovvero dell’area europea al di sotto della media Ocse. È anche inserita nel gruppo di Stati che hanno ottenuto mediamente i peggiori risultati sia come performance in matematica, sia come divario fra studenti autoctoni e migranti: i sistemi scolastici di Italia, Spagna, Grecia, Norvegia, Svezia appaiono meno efficaci come risultati ottenuti dagli alunni e come modello di integrazione.

Un segnale di inversione di tendenza arriva, invece, dalla scelta della scuola superiore: per la prima volta dagli inizi degli anni duemila, nel 2013/2014 gli istituti tecnici rappresentano l’indirizzo scolastico scelto dalla maggior parte degli alunni stranieri (38,5%). I professionali perdono il primato passando al secondo posto (37,9%) seguiti dai licei scelti ancora solo dal 23,5% dei ragazzi.

Da leggere con altrettanta attenzione il dato che riguarda i Neet (Non in Education, Employment or Training): i giovani stranieri che non fanno nulla rappresentano il 15,8% del totale, con un’incidenza maggiore rispetto agli italiani sulla popolazione della stessa età. Una differenza significativa è quella di genere: i Neet italiani sono prevalentemente maschi (50,3%) mentre quelli non comunitari sono per il 67,3% donne. Una cifra che l’Ismu spiega come indisponibilità a studiare o lavorare per ragioni familiari legate ad alcune cittadinanze in particolare.

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