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La vita è bella, Carlo Verdone: “Difesi il film, ma quella di Roberto è una favola riduttiva”

Il regista rivolto ai ragazzi delle scuole romane pronti a partire per il Viaggio della memoria 201. "Dopo questo viaggio ad Auschwitz, potreste forse arrivare a dire 'ma cosa ci ha fatto vedere Benigni?”. L'attore romano: "Benigni ha avuto immenso coraggio a raccontare una storia così delicata. Però ogni tanto rifletto su quello che ho vissuto io visitando i campi di concentramento"

di Davide Turrini

“Sono molto amico di Roberto Benigni ma oggi su La vita è bella ho qualche dubbio, anche se è un film importante che ha avuto un Oscar. Dopo questo viaggio ad Auschwitz, potreste forse arrivare a dire ‘ma cosa ci ha fatto vedere Benigni?”. Lo ha detto Carlo Verdone rivolgendosi ai ragazzi delle scuole di Roma pronti a partire per il ‘Viaggio della memoria 2015’, organizzato dalla Regione Lazio e presentato alla scuola Galilei di Roma, e che ha per destinazione i campi di concentramento nazisti del centro Europa.

“Difesi il film di Roberto all’epoca in cui uscì, quando venne attaccato tra gli altri da Giuliano Ferrara, e lo difendo ancora oggi”, spiega il regista romano alfattoquotidiano.it. “Benigni ha avuto immenso coraggio a raccontare una storia così delicata. Però ogni tanto rifletto su quello che ho vissuto io visitando i campi di concentramento. C’è un orrore che ti rimane dentro e ti porta a pensare se era il caso di raccontarlo in chiave favolistica. Credo infatti che il male assoluto raccontato dal cinema sia un po’ una limitazione. Mi emoziona di più un documentario dove ritrovi pezzi di verità. O ancora di più mi emoziona un libro, il Diario di Anna Frank, molti ricordi scritti da Primo Levi nei suoi libri, le lettere dei detenuti in questi campi della morte. La lettura è forse più importante di un film in questo caso estremo”.

Verdone visitò per la prima volta il campo di concentramento di Auschwitz ad Oswiecim in Polonia, nel 1973 quando aveva ancora 23 anni, ma il tragico ricordo è ancora terribilmente vivo in lui: “Ricorderete che il bullo di un Sacco Bello (1980) doveva andare a Cracovia con la sua Fiat decapottabile. Ecco, lo spunto della destinazione derivava proprio da quel viaggio. Ero con amici e negli ultimi due giorni decidemmo di visitare Auschwitz. Una delle ragazze polacche con cui avevamo fatto amicizia ce lo disse subito ‘Usciti da lì non ricorderete più nulla della nostra vacanza’. Mai parole furono più vere. Ancora oggi ripenso a quelle scarpe accatastate, a quelle scritte, a quei muri, all’entrata dei forni crematori. Inutile, i ragazzi se vogliono capire cos’è stato l’Olocausto devono andare lì di persona. È fondamentale per non scadere nelle cicliche farneticazioni di negazionismo come quelle dell’ex presidente iraniano Ahmadinejad”.

“Anche Spielberg fece un grandissimo film molto emozionante sul tema, ma il cinema anche quando è molto d’autore è sempre intrattenimento – conclude Verdone – continuo a pensare che per un vicenda del genere il rapporto tra chi guarda e il luogo o l’evento storico osservato non deve avere filtri: non ci devono essere interferenze, movimenti della macchina da presa, attori col trucco sul viso. Quella di Roberto è una favola fatta benissimo, ma è riduttiva. L’ho detto ai ragazzi questa mattina che devono partire per visitare Auschwitz: l’unico modo per capire quella realtà è andarci. Sono sicuro che una volta visto vi imporrà un rigore assoluto alla vostra anima”.

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