“È fin troppo facile raccontare la mia camicia bianca. È fin troppo facile dichiarare un amore che si snoda come un filo rosso lungo tutto il mio percorso creativo. Un segno – forse “il” segno – del mio stile, che rivela una ricerca costante di novità e un non meno costante amore per la tradizione”. Queste le parole con cui Gianfranco Ferré descriveva uno dei rapporti più intensi e proficui del suo percorso creativo, quello con la camicia bianca. Il capo che più di tutti ha saputo rappresentare lo stile e la filosofia dello stilista architetto è oggi il protagonista della mostra “La camicia bianca secondo me. Gianfranco Ferré”, inaugurata a Palazzo Reale dopo il successo al Museo del Tessuto di Prato dello scorso anno.

“È impossibile realizzare una mostra antologica e non credo lo faremo mai – racconta a FQMagazine Rita Airaghi, Presidente della Fondazione Gianfranco Ferré – Lui era talmente bulimico nel creare che elencando i temi fondamentali in modo trasversale alle sue collezioni davvero si potrebbero fare dieci mostre importanti, mentre un’antologica sarebbe troppo dispersiva e non gli renderebbe giustizia. La camicia è sempre stata uno dei suoi amori, una sorta di gioco e di challenging contemporaneo. Cercava di creare ogni volta qualcosa di nuovo, di fare un passo in più rispetto a quanto già fatto prima, rimanendo legato al mood della collezione. In ogni stagione era un tema ricorrente, ma rivisitato e mutato sia nei materiali, sia nei volumi e nelle forme, ma anche in molti casi nell’ispirazione. Ecco perché la camicia bianca: perché raccoglie in sé tutti quelli che sono tutti i valori di Ferré”.

L’esposizione si ripropone di guidare il visitatore alla scoperta del paradigma dello stile di Gianfranco Ferré, che univa progettualità e estro, architettura e emozione, anche in un capo basico come la camicia. “Secondo me questa mostra rispecchia perfettamente una frase che Ferré amava ripetere ai suoi assistenti e ai suoi studenti, cioè “non dimentichiamo che la moda è anche sogno“. Proprio questa duplice direttiva del progetto razionale unito a fantasia e sogno è tipico del suo pensiero”. La mostra è suddivisa in tre sezioni. La prima, centrale, che vede 27 creazioni al centro della grande Sala delle Cariatidi, in fila quasi come un esercito, illuminate dall’alto e sospese. È qui che taffettà, crêpe de chine, organza, raso, tulle, cotone, seta, si susseguono in un crescendo emotivo che conduce quasi all’estasi.

“L’idea era di metterle in fila in modo che ogni creazione potesse dialogare con l’altra, permettendo ai visitatori di passare e essere partecipi di questa evoluzione, perché l’idea era proprio di farle vivere a tutto tondo. Abbiamo deciso, poi, di aggiungere questa selezione di documenti e disegni perché volevamo che non fosse solo qualcosa da gustare per piacere estetico, ma che fosse un modo per trasmettere un metodo di lavoro, soprattutto per i giovani, per far rendere loro conto come si può lavorare”. Ai lati, infatti, si trovano i materiali provenienti dall’Archivio della Fondazione Ferré, tra cui è possibile ammirare disegni originali, progetti e rassegne stampa. Anche il soffitto entra a far parte dello spazio espositivo, con una proiezione di immagini fotografiche che abbracciano l’intera mostra. A chiudere il percorso, gli scatti di Luca Stoppini, che donano vita e attualità alle camicie di Ferré con leggerezza e movimento.

“La camicia bianca secondo me. Gianfranco Ferré”
Palazzo Reale – Milano
Dal 10 marzo all’1 aprile 2015

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