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‘Ndrangheta, si pente il boss Domenico Trimboli: “Voglio collaborare”

Arrestato nel 2013 a Medellin, "Pasquale" - questo il suo soprannome - era considerato il broker del narcotraffico tra Europa e Sudamerica. E' stato lui stesso a comunicare la decisione durante una udienza ad Alessandria
‘Ndrangheta, si pente il boss Domenico Trimboli: “Voglio collaborare”
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Si è pentito il boss dei due mondi. Lo chiamavano “Pasquale”, era stato arrestato nell’aprile 2013 a Medellin, in Colombia, dopo 4 anni di latitanza. Domenico Trimboli era uno dei più importanti narcotrafficanti della ‘ndrangheta. Capace di muoversi tra l’Europa e il Sudamerica con la stessa semplicità di chi si sposta da un quartiere all’altro di una piccola città di provincia. Un personaggio in grado di fare arrivare tonnellate di cocaina destinata non solo alla ‘ndrangheta, ma anche a Cosa nostra e alla camorra. “Ho deciso di collaborare”. La notizia l’ha data lui stesso durante un’udienza al Tribunale di Alessandria. Da mesi ormai sta riempiendo verbali della Dda di Torino e di altre Procure italiane.

Nato in Argentina, a Buenos Aires, Domenico Trimboli è originario di Natile di Careri, nella Locride. È ritenuto uno dei broker più affidabili dai narcos sudamericani. Era l’uomo di collegamento tra questi e le famiglie mafiose calabresi e siciliane. Il suo giro toccava anche il Piemonte ed è proprio seguendo la pista del nord Italia che i carabinieri del Ros e il procuratore aggiunto di Reggio Calabria Nicola Gratteri sono riusciti ad arrestarlo l’ultima volta a Medellin dove era in contatto con il narcotrafficante Nelson Ybara Ramirez del quale ha sposato la sorella Valencia Silva Luz. Ma anche con un altro broker della ‘ndrangheta, quel Roberto Pannunzi detto “Bebè” arrestato nel luglio del 2013 a Bogotà.

Proprio i legami con le principali cosche della Locride e con i cartelli colombiani hanno consentito a Trimboli di continuare a gestire il narcotraffico di cocaina anche nel periodo in cui era latitante. Dopo meno di due anni di carcere, oggi ha saltato il fosso. “Pasquale”, così si faceva chiamare, ha deciso di collaborare con la giustizia mettendo a disposizione delle Procure di Reggio Calabria e Torino le sue conoscenze sui traffici internazionali di cocaina. E i due mondi tremano.

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