Il doppio del prezzo, il doppio del tempo. Potrebbe essere questo lo slogan per descrivere la vicenda della costruzione della Variante di Valico, il raddoppio che affiancherà l’Autostrada del sole nel tratto appenninico da Barberino del Mugello a Sasso e Marconi e che dopo oltre dieci anni di lavori non è stata ancora aperta, se non in alcuni brevi tratti. Martedì in Senato l’amministratore delegato di Autostrade per l’Italia, la società dei Benetton che ha in concessione la costruzione e la gestione della grande opera, ha ammesso che molto è andato storto rispetto alle previsioni: “L’opera che doveva costare 3,5 miliardi di euro costerà il doppio”, ha spiegato Giovanni Castellucci alla commissione trasporti di Palazzo Madama.

I problemi, ha ammeso lo stesso manager, vengono da errori di progettazione, sottovalutazioni. Insomma niente che non si potesse evitare. “Molti problemi – ha detto – sono dovuti alla scelta del tracciato, che aveva un livello di rischio geologico, misurato successivamente, superiore a quello ipotizzato dai progettisti”. Il manager però ha allontanato da sé e dalla sua lunga gestione ogni colpa: “La Variante è stata progettata negli anni Novanta (la privatizzazione di Autostrade è del 1999, ndr), io non c’ero, sicuramente col senno di poi oggi la progetteremmo in maniera differente, più in galleria e più profonda”. Poi ha spiegato che la sua società “non avrà remunerazione” per gli extra-costi della Variante di Valico. Tradotto: l’aumento “sarà totalmente a nostro carico”.

Del resto Autostrade per l’Italia gestisce direttamente o tramite controllate la metà della rete autostradale italiana e ha incassato in questi anni miliardi di euro dai pedaggi pagati dagli automobilisti. Ma il punto non è solo e soltanto questo: se da una parte va detto che anche il costo originario della Variante era a carico della azienda, dall’altra non si può dimenticare che nel 1997 la stessa società ha ottenuto dall’Anas la proroga delle concessioni dal 2018 sino all’anno 2038. Una proroga (20 anni in più di incassi assicurati ) avuta proprio in cambio della costruzione della Variante di valico.

Quando nel luglio del 2006 Castellucci inaugurò i primi lotti della Grande opera alle porte di Bologna la promessa era di concluderla entro il 2010, almeno sul lato emiliano. I costi già allora erano lievitati di un miliardo. Ora si arriva a quota 7 miliardi. Oltre al blocco dei lavori sulla parte toscana, dovuti a una inchiesta della Procura di Firenze sullo smaltimento dei fanghi estratti dalle gallerie in costruzione, uno dei punti che ha fatto più penare i costruttori è stato quello che passa ai piedi del paesino di Ripoli. Lì gli scavi della galleria Val di Sambro (lunga 3,8 chilometri) hanno fatto muovere una vecchia ed enorme frana.

Il gip di Bologna Andrea Scarpa un mese fa, chiedendo alla Procura la riapertura delle indagini sul caso, ha parlato esplicitamente di “lacune” nella progettazione. L’inchiesta penale era partita dopo l’esposto ai Carabinieri da parte dei cittadini: “Quello che dice oggi Castellucci è ciò che abbiamo sempre detto. Infatti già nella nostra prima denuncia alla magistratura nel 2011 avevamo detto che il tracciato della galleria Val di Sambro era sbagliato e andava fatto in un altro punto e più in profondità”, spiega Dino Ricci, il presidente del comitato dei cittadini di Ripoli. Poco dopo il caso Ripoli, in un’altra galleria lì vicino, la Sparvo, si sono avuti distacchi di calcestruzzo e Autostrade per l’Italia ha dovuto studiare un rinforzo: la soluzione prescelta è stata quella di blindare internamente con cerchi di acciaio le parti in frana per oltre 300 metri di galleria (su 2500 metri totali). E anche in questo caso i costi sono lievitati. Su questo fatto un’altra inchiesta contro ignoti era stata aperta dalla procura di Bologna e recentemente archiviata dal Gip. Intanto sulle parole di Castellucci in Senato i Carabinieri di Vergato (sull’appennino bolognese) che già a lungo hanno indagato sulla Variante di valico, hanno subito fatto una segnalazione alla procura di Bologna: “Gli atti sono sul mio tavolo in attesa di essere valutati”, ha detto il procuratore aggiunto Valter Giovannini.

I cantieri per la Variante di valico, opera fortemente voluta da decenni dai vertici Pci-Pds-Ds-Pd in Emilia Romagna, erano iniziati nel 2003. Dopo anni di tira e molla burocratici e di forti dubbi da parte degli ambientalisti sull’impatto che avrebbe avuto, solo nel 2001 l’allora ministro berlusconiano Pietro Lunardi diede l’ok all’opera tra molte polemiche. Lo stesso Lunardi, però, ha poi partecipato alla costruzione dell’opera con la sua società di progettazione Rocksoil.

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