Le pensioni di invalidità e le indennità di accompagnamento assegnate ai disabili non sono una fonte di ricchezza. Non possono pertanto essere considerate come reddito. È questa la motivazione con cui il Tar del Lazio ha accolto in parte i tre distinti ricorsi presentati contro il nuovo Isee da diverse famiglie di persone con disabilità e da alcune associazioni. Decade quindi la parte del regolamento approvato a dicembre 2013 dal governo Letta, ma entrato in vigore nel 2015, che più aveva scaldato la protesta, in quanto assimilava gli assegni ricevuti in virtù di una condizione di svantaggio a dei veri e propri stipendi. Con il rischio che nell’accesso agli aiuti e alle prestazioni sociali agevolate venisse sfavorito proprio chi si trova nelle condizioni più gravi.

“Non è dato comprendere per quale ragione – scrivono i giudici – nella nozione di ‘reddito’, che dovrebbe riferirsi a incrementi di ricchezza idonei alla partecipazione alla componente fiscale di ogni ordinamento, sono stati compresi anche gli emolumenti riconosciuti a titolo meramente compensativo e/o risarcitorio a favore delle situazioni di ‘disabilità’”. Il tribunale amministrativo, inoltre, non ha ritenuto idonee le franchigie introdotte dal governo proprio per abbattere la parte di reddito derivante dai contributi di tipo assistenziale, previdenziale e indennitario. Per questo è stata annullata quella parte del decreto del presidente del Consiglio che considerava come parte del “reddito disponibile” tutti quei proventi “che l’ordinamento pone a compensazione della oggettiva situazione di svantaggio, anche economico, che ricade sui disabili e sulle loro famiglie”.

Annullata anche la parte di regolamento del nuovo Isee che prevedeva franchigie variabili a seconda che il disabile sia maggiorenne o minorenne: “Non si individua una ragione – si legge nella sentenza – per la quale al compimento della maggiore età una persona con disabilità sostenga automaticamente minori spese ad essa correlate”. I giudici hanno invece respinto le altre richieste dei ricorrenti, tra cui quella di considerare illegittimo il tetto da 5mila euro per le spese che si possono detrarre nel calcolo dell’Isee.

Ora il governo dovrà mettere di nuovo mano ai meccanismi di calcolo dell’Isee, sempre che non decida di presentare ricorso contro la decisione del Tar. È questo l’auspicio dell’ex viceministro del Lavoro Maria Cecilia Guerra, oggi senatrice del Pd, che considera la sentenza “un errore di interpretazione della volontà del legislatore” ed esclude che il nuovo Isee penalizzi le famiglie con disabili. Di diverso avviso i deputati del Movimento 5 Stelle che in commissione Affari sociali si erano battuti per eliminare l’introduzione, tra le voci di reddito, delle provvidenze assistenziali, ritenuta “inaccettabile e contro ogni principio di civiltà ed equità sociale”.

Twitter @gigi_gno

Articolo Precedente

Famiglie omogenitoriali, il conflitto inconcepibile

next
Articolo Successivo

Neonata morta a Catania, perché l’accesso alle cure non dipenda dal luogo di nascita

next