Secondo il recentissimo rapporto Istat, il Pil per abitante (o pro capite, ossia la quantità di prodotto interno lordo ipoteticamente posseduta per abitante), è risultato pari a 33,5 mila euro nel Nord-ovest, a 31,4 mila euro nel Nord-est e a 29,4 mila euro nel Centro. Il Mezzogiorno si attesta su un Pil pro capite di 17,2 mila euro. L’ampiezza di questo differenziale negativo preoccupa in maniera evidente dato che lo scarto è di circa il 46%.

Secondo Svimez, esso trae origine da diverse concause: mancanza di lavoro, e un “sistema di welfare che penalizza il Mezzogiorno”, in primis, che hanno prodotto l’evidente caduta in picchiata dei redditi negli ultimi anni, andando a impattare proprio al Sud, più esposto ai colpi della crisi. E, al Sud, eminentemente i giovani. Sono dati inconfutabili: i redditi, che al sud sono scesi circa del 25%, al Nord sono cresciuti dell’1,7%.

Se rapportiamo a questi dati sul Pil pro capite la geografia del carico fiscale locale pubblicata dal Sole24Ore possiamo rilevare che essa incide in città come Milano per il 2,8%, a Venezia il 2,5%, mentre a Bari e Reggio Calabria, rispettivamente il 3,2% e il 3,5%. Considerato il livello dei servizi offerti ai cittadini, è davvero il caso di avviare approfondite riflessioni in materia di cittadinanza e diritti. Ben venga un Ministero per il Mezzogiorno che si prefigga, però, il compito reale di progettare uno sviluppo concreto e sostenibile per il Sud, nel lungo termine. Sarebbe già un grande risultato, ad esempio, ottimizzare la spesa dei fondi europei disponibili, con idee e progetti di qualità.

Torniamo alle cifre: la crisi nel mercato del lavoro ha colpito in maniera assai consistente Calabria (-8,1%), Molise (-8,0%), Sardegna (-7,5%) e Sicilia (-7,4%).  Sono i dati più drammatici dello stivale, per il biennio 2011-2013.

Tramite il suo presidente Adriano Giannola, Svimez fa sapere che “prevede una ripresa economica nel Nord del Paese, mentre il Sud dal 2008 al 2015 avrà perso cumulativamente 15 punti di Pil”, auspicando una politica specifica per il Sud, basata su un “Piano di primo intervento” che si concretizzi non mediante mera “somma di piccoli progetti frammentati ma un coordinamento tra regioni e governo per definire insieme obiettivi strategici prioritari, a partire, tra gli altri, da una strategia euro-mediterranea che ponga al centro la logistica e il rilancio delle infrastrutture”.

Come già altre volte evidenziato, anche su questo blog, si investe al Sud in opere pubbliche per un valore ormai ridotto a 1/5 rispetto a venti anni fa. Se davvero si intende rimediare al divario ormai cronico tra le due parti del Paese, occorrono fondi ma, soprattutto, progettualità di ampio respiro, una classe dirigente responsabile, una forte volontà di rilancio del Mezzogiorno. Ci sono grandi potenzialità logistiche male o per nulla sfruttate (Svimez cita Taranto o Gioia Tauro) ma, consentitemi di aggiungere, ci sono territori a forte vocazione turistica (come il Salento o parti della Calabria e Sicilia) che andrebbero sostenuti pragmaticamente con infrastrutture e collegamenti idonei, invece di adottare politiche a macchia di leopardo che oggi prevedono la valorizzazione della costa e domani consentono impianti industriali impattanti in forte prossimità.

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