“Je suis Charlie”, ora intona l’Europa in coro. Peccato che di Charlie Hebdo, cioè di roccaforti di quella satira “stupida e cattiva” come loro stessi rivendicavano, ce n’era (e ce n’è) solo uno in tutto il continente. Mentre negli Stati Uniti quella cultura satirica (perché di cultura si tratta) ha tanti simboli e protagonisti: non sarà la torta intera, ma voi sapete quanto sono grandi anche solo le fette, negli Usa. Già due anni prima della nascita in Francia di Hara-Kiri (l’antenato di Charlie Hebdo) negli Stati Uniti nasceva The Realist, magazine underground che metteva insieme giornalismo controverso e satira oltranzista; ed è lì che Paul Krasner nel 1967 pubblicò un celebre pezzo satirico dove si descriveva l’ipotetica penetrazione sessuale da parte di Lyndon Johnson del foro di proiettile sul collo della salma (ancora tiepida) di JFK: per gli Stati Uniti dell’epoca la potenza iconoclasta di un simile atto satirico fu l’equivalente della raffigurazione di Maometto per un islamico – con la differenza che Krasner è ancora vivo.

A tal proposito, si parla tanto delle vignette su Maometto realizzate in Francia e Danimarca, ma spesso si dimentica il fatto che negli Usa Maometto è stato raffigurato anche come cartoon. Gli autori di una simile “blasfemia” non potevano che essere Matt Stone e Trey Parker, gli autori di South Park. La vicenda è piuttosto buffa: quando i due videro in tv alcuni musulmani in rivolta per le celebri vignette sul Profeta realizzarono una puntata sul tema della libertà d’espressione in relazione all’Islam, facendo apparire Maometto in una puntata de I Griffin vista in tv dai protagonisti di South Park (“Naturalmente la vera gag sta nel fatto che abbiamo messo Maometto ne I Griffin, quindi, se qualcuno ne avesse pubblicato dei fotogrammi, avrebbero fatto saltare in aria loro, non noi” scherzò poi Trey Parker). L’emittente decise di censurare l’immagine; peccato però che Maometto fosse già stato raffigurato in un’altra puntata di South Park e regolarmente andata in onda (repliche comprese!) qualche anno prima, nei panni di un supereroe che si trasforma in castoro – e nessuno disse nulla, all’epoca.

Così come nessuno potrebbe mai accusare South Park di fare satira islamofobica (accusa talvolta rivolta a Charlie Hebdo) giacché la serie è celebre per fare satira ferocissima su tutte le religioni: cattolica, ebraica, persino Scientology – che in quanto a fanatismo religioso non ha nulla da invidiare all’Islam più radicale.

Sul versante cattolico, celebre la puntata in cui la Madonna “caga sangue dal culo sul Papa” (cit.) per poi scoprire che no, “non sta sanguinando dal culo. Sta sanguinando dalla vagina ed è normale che le pollastrelle sanguinino dalla vagina” (testuali parole del Papa in versione South Park). I Gasparri, le Santanché, i Magdi Allam che oggi si scoprono paladini della libertà di satira, sono disposti a difendere anche questo episodio di South Park, vero?

In Europa Charlie Hebdo era (è?) un “ghetto” satirico; negli Stati Uniti quella satira, cioè la satira, è una prateria che sembra sconfinata. Ne è una prova il libro Satiristas! di Paul Provenza e Dan Dion – gloriosamente tradotto e pubblicato anche in Italia da quei benefattori di Comedy Subs e Sagoma Editore: un testo fondamentale che, mettendo insieme interviste a molteplici autori e comici satirici americani riesce a raccontare e spiegare cos’è la satira in tutta la sua complessità e vivacità. E molteplicità: perché non siamo solo Charlie. Siamo anche Paul, Matt, Trey…

Twitter: @saverioraimondo

Il Fatto Quotidiano, Lunedì 12 gennaio 2015

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