Il nuovo assessore regionale all’economia, Alessandro Baccei, designato dal governo nazionale con le stesse modalità con cui, negli anni ’80 all’epoca dei Brady bond, gli Usa designavano i ministri dei Tesoro dei grandi Paesi debitori latino-americani, ha finalmente svelato l’entità del buco dell’allegra finanza siciliana: 3,6 miliardi. Per comprendere come si sia giunti a tanto, Lelio Cusimano sulle pagine del Giornale di Sicilia ha messo semplicemente in fila, senza commenti perché i dati si commentano da soli, i più importanti e mai ascoltati rilievi della Corte dei Conti, di economisti e opinionisti assieme a citazioni ufficiali della Regione stessa.

La lettura è fortemente consigliata non solo ai contribuenti siciliani che si preparavano a pagare per i prossimi 30 anni le massime maggiorazioni delle aliquote fiscali su un mutuo ipotizzato ieri in uno, oggi in due e domani chissà in quanti miliardi di euro, ma anche ai contribuenti delle altre regioni che potrebbero ritrovarsi a pagare indirettamente questo risanamento finanziario, pur non avendo mai ricevuto analoga solidarietà fiscale da parte dei contribuenti siciliani il cui gettito di imposte, per prerogativa dello Statuto autonomistico, viene quasi interamente incamerato dalle casse regionali.

Personalmente, penso che l’eventuale bancarotta della Regione Siciliana, pur attraverso una dolorosa riconversione sociale, possa rappresentare un’opportunità per fare emergere all’interno, ma anche accorrere dall’esterno, le forze realmente capaci di creare sviluppo, valorizzando le innegabili potenzialità dell’Isola, una volta interrotto l’uso distorsivo dell’intermediazione parassitaria, sia politica che burocratica, di risorse pubbliche europee, nazionali e proprie: errare humanum est, perseverare autem diabolicum!

I necessari tagli della spesa parassitaria, dei privilegi e degli sprechi, all’occorrenza assistiti da ammortizzatori sociali come il sussidio di disoccupazione condizionato all’accettazione della prima proposta di lavoro, giusto per non incentivare il precariato, potrebbero aiutare a rimettere in riga i conti per il futuro, ma per il pregresso cosa si potrebbe fare? Secondo me e lo scrivo ormai da dieci anni, anche su queste pagine, ci sono delle ingenti risorse fuori bilancio da attivare.

La Regione siciliana, invece di chiedere altri soldi a Roma come da sempre fa, potrebbe chiedere invece al governo di promuovere una legge speciale che le riconoscesse, riaprendo opportunamente i termini, ecc., il diritto al risarcimento in sede civile, non penale, del danno morale, economico, di immagine, ecc. derivante dall’azione criminale di soggetti appartenenti a Cosa Nostra, rivalendosi con solidarietà passiva verso il patrimonio, legittimo ed illegittimo (quest’ultimo, confiscato o meno), degli appartenenti o favoreggiatori del sodalizio criminale condannati in maniera definitiva e a loro riconducibile, anche attraverso interposizione fittizia, ovvero in mano agli eredi.

I soli sequestri e confische a carico di prestanome del latitante Matteo Messina Denaro sono stati stimati in miliardi di euro, ma si potrebbe riaprire la caccia al tesoro dei vari Riina, Ciancimino, Bontate, Palazzolo, Caruana, dei politici collusi, ecc.

E se con le attività di intelligence tradizionali non ci si riuscisse, ci si potrebbe sempre avvalere di quelle temibili reperite sul mercato.

Il fine dell’attività criminale di Cosa Nostra e dei suoi appartenenti è l’accumulazione illecita di ricchezza, funzionale peraltro a garantire influenza sociale e impunità. Finire in carcere o morire violentemente è pure messo in conto purché il patrimonio finisca alla propria famiglia, non certo alla collettività. Riconosciuto il diritto al risarcimento del danno, quantificato il credito e individuata una efficiente strategia per aggredire i patrimoni -legittimi o meno- su cui rivalersi, cartolarizzare tale credito della Regione Sicilia per cederlo al mercato sarebbe davvero la minor cosa per fare cassa con Crocetta bond e raccogliere, in modo decisamente diverso dal passato, il consenso elettorale.

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