Incassato il rinvio del verdetto finale sulla legge di Stabilità, il governo di Matteo Renzi torna all’attacco di Jean-Claude Juncker. E non solo per la “timidezza” del suo piano di investimenti, che il presidente del Consiglio ha esplicitamente sottolineato lunedì durante l’intervento alla riunione del Cosac in Senato, auspicando un “rafforzamento” degli interventi e tornando a sollecitare un “cambiamento di verso” dell’Unione europea. Secondo il Financial Times, infatti, il ministro del Tesoro italiano Pier Carlo Padoan e gli omologhi di Francia e Germania, Michel Sapin e Wolfgang Schaeuble, hanno scritto al commissario europeo per gli Affari economici e monetari Pierre Moscovici chiedendo che entro la fine del 2015 siano messe fuori legge, a livello comunitario, la “pianificazione fiscale aggressiva” e chiudere le scappatoie usate dalle aziende per pagare meno tasse. Ovvero esattamente le tecniche che andavano per la maggiore in Lussemburgo, come rivelato dall’inchiesta giornalistica internazionale LuxLeaks. Nel mirino, dunque, c’è il presidente della Commissione Ue, “azzoppato” dallo scandalo sui favori fiscali concessi dal suo esecutivo alle multinazionali negli anni in cui era premier del Granducato.

Berlino, Parigi e Roma, scrive il quotidiano finanziario del Regno Unito, sollecitano in particolare regole stringenti sui “tax ruling”, gli accordi tra Stati e aziende finalizzati a limitare il conto da saldare al fisco. Accordi finiti sotto accusa ancora prima di LuxLeaks: i regimi fiscali di favore accordati dal Lussemburgo e dall’Irlanda a Fiat Finance and Trade e Apple sono già oggetto di indagine da parte della Commissione. “L’assenza di armonizzazione fiscale nell’Unione europea è una delle cause principali che permettono la pianificazione fiscale aggressiva, l’erosione della base fiscale e lo spostamento dei profitti (in sigla Beps, ndr) da una filiale all’altra”, sottolineano Padoan, Sapin e Schaeuble. “Questa situazione può determinare comportamenti non cooperativi tra Stati membri che influenzano negativamente il funzionamento del mercato interno”. Di conseguenza serve un regime di tassazione unico per tutti i 28 Paesi: un’ulteriore conferma di quanto affermato lunedì dal titolare del Tesoro, che ha sposato la linea tracciata pochi giorni fa dal presidente della Bce Mario Draghi sostenendo che occorre arrivare a forme concrete di unione fiscale.

La legislazione europea può e deve anche “fare di più sui trust, sulle “compagnie guscio” (scatole vuote usate per dribblare il fisco, ndr) e altre entità non trasparenti” creando registri obbligatori dei proprietari. Le novità messe in campo finora non bastano: i tre esecutivi valutano del tutto insufficienti gli accordi sullo scambio automatico di informazioni adottati finora. “La trasparenza non è abbastanza”, si legge nella lettera. “Non possiamo permettere che situazioni in cui i trattati sono usati per evitare le tasse rimangano inaffrontate. Per questa ragione, una direttiva europea contro l’erosione della base fiscale e lo spostamento dei profitti deve stabilire i principi generali di una tassazione efficace”.

 

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