La mozzarella treccia pugliese può essere al cento per cento svizzera. E avere lo stesso gusto. Ha raggiunto lo scopo Casa Mozzarella, in Rue Dizerens 1 a Ginevra. Un piccolo negozietto rustico, al cui interno c’è solo un bancone pieno di formaggi freschissimi. L’idea è di Angelo Albrizio, 40 anni, da Bari Vecchia. Nella vita precedente era filosofo all’università del capoluogo pugliese e nel 2003 ricercatore nella città sede delle Nazioni Unite in Storia della medicina. Non proprio una strada facile per trovare lavoro. Nel 2010 si converte a imprenditore della mozzarella, tenendo bene a mente le sue origini: “Non ho mai dimenticato la Puglia e ho capito quanto avrebbe avuto successo portare il savoir faire di casa mia in un Paese che non era abituato ai nostri formaggi. In più il fatto che fossi filosofo di formazione ha aumentato la curiosità”. Per evitare buchi nell’acqua, Angelo ha commissionato ad un amico una ricerca di mercato e ha avuto la certezza che la clientela non sarebbe mancata. Centomila euro di investimento, 50 di start up e 50 per cominciare il lavoro vero e proprio, et voilà, l’avventura è cominciata. Era il 1 novembre 2010.

L’intuizione di Casa Mozzarella è ricreare nel pieno centro ginevrino un caseificio artigianale in vetrina, tipico di un Sud Italia d’altri tempi. Un’azienda familiare di quelle che oggi chiudono a raffica in Italia. “Troppi problemi burocratici e troppo poca attenzione per l’artigianato da noi. Qui la capacità di fare italiana è più valorizzata. Il sistema in Italia spesso ti mette i bastoni tra le ruote invece che stimolare l’impresa”, spiega Angelo. Altro dettaglio favorevole della realtà elvetica: i clienti pagano. E subito. “Mio padre ha un’attività in Italia e per lui il problema non è lavorare quanto farsi pagare dai clienti”. Non per Angelo a Ginevra, dove finora non ha potuto riscuotere solo una fattura.

I suoi formaggi sono distribuiti nel circuito dei prodotti a chilometri zero dei mercati ginevrini e il latte che impiega viene dalla cooperativa Laiteries Réunies de Genève (LGR). “Con un altro prodotto, non avrei avuto lo stesso successo – aggiunge Albrizio -. Qui valorizzano le materie prime locali, anche se lavorate per prodotti esteri. Considerano i mie formaggi al 100% svizzeri”.

L’azienda dà lavoro a sei ragazzi pugliesi, tutti vecchi amici o conoscenti di Angelo. “Mi inorgoglisce l’idea di aver creato lavoro e dato delle prospettive a persone che possono tramandare un sapere con cui in Italia è difficile costruire un futuro”. Il salario di chi consegna la mozzarella con il furgoncino ai clienti è di tremila euro nette al mese. In Italia impensabile, in Svizzera quanto un salario medio-basso. Proprio la ricchezza di Ginevra permette al negozio di poter far pagare tutta la qualità e la manualità che i tre maestri caseari mettono nella produzione dei formaggi. Così, pur con una produzione che non supera mai i 120 chili di formaggi al giorno – un’inezia rispetto anche ai piccoli caseifici di casa nostra – il business regge. “All’inizio facevo tutto, dal recupero del latte alla mattina alla vendita ai ristoranti. Tranne la produzione del formaggio, perché non sono un maestro casaro”. Anche questa è stata una scuola di vita per chi s’era immaginato sui libri piuttosto che in un laboratorio di formaggi in vetrina.

“Tornare in Italia? Non per motivi professionali, ora che ho visto nascere una mia attività in un Paese ricco, dove è facile fare impresa. Semmai spero di creare un legame più forte con la Puglia, ma per portare qui altri prodotti tipici della mia terra”, dice. Poi l’Italia è a due passi e a Ginevra la comunità di compatrioti è di circa 40mila persone sui 350mila abitanti della città. E gli italiani sono stati i primi clienti del suo negozio, il bollino di qualità che ha certificato anche agli occhi degli svizzeri la bontà del prodotto.

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