Imputazione coatta per peculato per una decina di ex consiglieri regionali del Piemonte nell’inchiesta sui “rimborsi facili”. Lo ha deciso il gip di Torino Roberto Ruscello. Il provvedimento riguarda fra gli altri anche due assessori della giunta di Sergio Chiamparino: si tratta di Aldo Reschigna, assessore al Bilancio e vice presidente, e Monica Cerutti, assessore alle Pari opportunità (Sel). Il provvedimento riguarda anche Fabrizio Comba, Giampiero Leo, Gianluca Vignale, Luca Pedrale (area centrodestra) e, per il centrosinistra, Eleonora Artesio, il capogruppo e segretario piemontese del Pd Davide Gariglio, l’onorevole Stefano Lepri, Angela Motta, Aldo Reschigna, attuale vicepresidente nella giunta guidata da Sergio Chiamparino, e Monica Cerutti, attuale assessore alle Pari opportunità. I pubblici ministeri dovranno chiedere il rinvio a giudizio degli interessati nel giro di dieci giorni. L’udienza preliminare, che sarà celebrata da un altro giudice, stabilirà se dovranno essere processati o no. Delle richieste di archiviazione presentate dalla procura di Torino il giudice ne ha accolte solo sei, fra cui quella dell’ex governatore (oggi europarlamentare) Mercedes Bresso, di Nino Boeti, Roccho Muliere e Wilmer Ronzani e Giuliana Manica. Archiviazione anche per Gianna Pentenero, del Pd, attuale assessore all’Istruzione.

Il 22 settembre il pm Enrica Gabetta aveva ribadito la richiesta di archiviazione per sedici consiglieri regionali della passata legislatura fra cui Reschigna. Il pm aveva riproposto gli argomenti già sviluppati nella richiesta (relativa modestia delle spese contestate, correttezza delle spiegazioni fornite dagli indagati, mancanza del cosiddetto “elemento soggettivo”, vale a dire la consapevolezza di violare le norme). A gennaio la Procura di Torino aveva chiesto 38 richieste di rinvio a giudizio, compresa quella del governatore Roberto Cota, e 18 archiviazioni.

Il 14 luglio era quindi arrivata la prima decisione da parte del giudice: quattro condanne, quattordici patteggiamenti e ventiquattro rinvii a giudizio accusati di avere utilizzato i fondi dei gruppi consiliari per pranzi, cene e acquisti di ogni tipo, dal giardinaggio all’estetista, dalle cravatte ai videogame, dal Gratta e Vinci al frullatore. Un milione e 700 mila euro di irregolarità secondo le indagini della Guardia di finanza. La pena più alta era stata inflitta a un ex consigliere del Comune di Torino, Gabriele Moretti, di centrosinistra, condannato a tre anni. Rispondeva di un peculato da 191 mila euro: il pagamento di una consulenza affidata alla sua società dal consigliere regionale Michele Dell’Utri (Moderati) con i soldi del gruppo. Un anno, otto mesi e venti giorni sono per il presidente dell’Assemblea, Valerio Cattaneo (ex Pdl). Un anno e otto mesi sono per Carla Spagnuolo, di Forza Italia, e due anni e sei mesi a Roberto Boniperti, ex Pdl, accusato anche di truffa oltre che di peculato. I patteggiamenti vanno dai dodici ai diciotto mesi. Per i rinviati a giudizio l’appuntamento in aula è il 21 ottobre insieme all’ex governatore, il leghista Roberto Cota, che aveva scelto il rito immediato. Il giudice il 22 luglio aveva disposto uno stralcio per i consiglieri del M5S Davide Bono e Fabrizio Biole’ (poi passato al gruppo misto).

Il 13 ottobre scorso nel motivare le prime condanne il giudice che non si poteva parlare di pranzi e cene per “finalità istituzionali e di rappresentanza”. Quando si mangia, si soddisfa “un bisogno primario” e basta: non si può pagare il conto con i soldi pubblici. Il giudice si era soffermato sul capitolo “pasti” perché la stragrande maggioranza delle somme contestate si riferisce alla ristorazione. “È assai arduo – osservava – ricomprendere nella nozione di attività (politica) la sequenza di azioni che ciascuno compie dal momento in cui si siede a tavola e consuma cibi e bevande” perché chi prende coltello e forchetta non fa altro che soddisfare i “bisogni primari legati alle necessità alimentari più o meno frugali di ogni persona”. Ruscello ammette che qualche eccezione è possibile: se il partito organizza un incontro per lanciare un’iniziativa legislativa e invita un esperto del settore, per esempio, fa benissimo a pagargli la cena. Ma quando si scelgono sempre “ristoranti prestigiosi“, quando ci si fanno rimborsare “ben 172 scontrini” emessi in due anni dalla stessa pizzeria di Sanremo, quando si allestisce a spese del gruppo consiliare un banchetto a base di tartufo con 14 invitati per promuovere i formaggi della Valle dell’Ossola, si va al di fuori dei binari. Per non parlare del Gratta e Vinci, della cuccia da giardino (acquisto che “spicca per la sua stravaganza”), delle 12 confezioni di gorgonzola piccante. E non si può nemmeno invocare l’errata interpretazione delle norme perché i consiglieri sono “legislatori” e quindi “attrezzati rispetto alla possibilità di cadere in errore”. Un concetto, questo, che potrebbe pesare sui consiglieri per i quali la procura ha chiesto l’archiviazione per la modesta entità delle somme e per la “mancanza di dolo”.

Aggiornamento del 12 dicembre 2022
In data 14 dicembre 2020, la Corte di Appello di Torino ha assolto Gabriele Moretti dal reato a lui ascritto, perché il fatto non sussiste.

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