I Paesi di Ocse e G20 hanno raggiunto un’intesa sui primi punti della lotta all’ottimizzazione fiscale da parte delle multinazionali. L’idea è quella di creare un approccio internazionale coordinato per combattere la pratica delle imprese che eludono le tasse. Tra questi ci sono  un capitolo sull’economia digitale e misure sugli asset intangibili come marchi, brevetti e algoritmi digitali. A proposito dei quali si prevede l’impegno a sviluppare regole per “prevenire l’erosione della base imponibile attraverso lo spostamento tra filiali del gruppo”, “attraverso il trasferimento di rischi tra filiali o l’allocazione di eccessi di capitale a una di esse” e “attraverso transazioni che non si verificherebbero, o solo raramente, con parti terze”.

Un “pacchetto storico” di iniziative, secondo il segretario generale dell’Ocse, Angel Gurria, il quale ha parlato di un “passo cruciale” che però lascia aperte “due sfide: quella dell’implementazione e quella dell’inserimento dei Paesi in via di sviluppo” nel processo. Il documento con l’intesa che presenta 7 dei 15 elementi chiave da affrontare entro il 2015, sarà inserito nell’ordine del giorno del vertice G20 finanziario in Australia del 20 e 21 settembre.  L’accordo, raggiunto nonostante molti esperti e responsabili politici fossero pessimisti, copre sei dei sette punti sui quali la road map fissata l’anno scorso prevedeva una chiusura entro settembre 2014. Fuori solo il tema delle “pratiche fiscali dannose“, su cui restano disaccordi su alcuni passaggi tecnici importanti. Sono invece stati concordati un primo rapporto di base sulle “sfide fiscali dell’economia digitale“, che non comprende misure precise ma traccia un quadro di partenza per l’azione futura, e uno sullo sviluppo di “uno strumento multilaterale per modificare i trattati bilaterali”.

“Siamo a metà strada. Stiamo presentando sette punti, ne presenteremo altri otto nel 2015. Ma stiamo avanzando”, ha aggiunto il direttore della divisione Politiche e amministrazione fiscale dell’Ocse, Pascal Saint-Amans, assicurando che “ciò che si è deciso avrà un impatto immediato“. Se infatti, ha spiegato, ci vorrà tempo per “la traduzione in legislazione nazionale, l’implementazione” e una serie di altri passaggi tecnici, “l’impatto immediato è che le imprese si trovano di fronte la cruda realtà, e dovranno anticiparla e adattarsi”. L’obiettivo, ha spiegato Gurria, non è mettere in difficoltà le imprese o colpevolizzarle: “Vogliamo che continuino a investire e creare posti di lavoro, ma vogliamo anche che paghino la loro giusta fetta di tasse”. 

“Le nostre raccomandazioni – ha aggiunto Gurria – rappresentano gli elementi costitutivi di una risposta concordata a livello internazionale e coordinata a strategie di pianificazione delle imposte sulle società che sfruttano le lacune e le scappatoie del sistema attuale con lo spostamento artificioso dei profitti nei luoghi in cui essi sono soggetti ad un trattamento fiscale più favorevole“. In dettaglio le sette indicazioni chiedono di assicurare la coerenza della tassazione del reddito d’impresa neutralizzando le modalità ibride; riallineare la tassazione e prevenire gli abusi dei trattati fiscali; assicurare che il trasferimento dei risultati sia in linea con la creazione di valore, attraverso azioni volte ad affrontare questioni relative al pricing del settore chiave dei beni intangibili; migliorare la trasparenza delle amministrazioni fiscali implementando la documentazione del pricing nei trasferimenti da Paese a Paese; affrontare le sfide poste dall’economia digitale; sviluppare uno strumento multilaterale per modificare rapidamente i trattati fiscali bilaterali; conteggiare le pratiche fiscali dannose. Il nome del programma frutto dell’accordo è Base Erosion and Profit Shifting Project.

 

 

Articolo Precedente

UnipolSai, la Cassazione si dimentica che la legge è cambiata. Così l’indagine va a Torino

next
Articolo Successivo

Porti, lo Sblocca Italia apre a riforma delle autorità. Ma dovrà farla il Parlamento

next