Sulla vicenda di Marco Pantani, “sono troppi gli elementi che non hanno un senso e questo senso va trovato svolgendo nuove indagini”. Le parole sono di Antonio De Rensis, l’avvocato che dall’agosto 2013 assiste la famiglia del ciclista romagnolo, trovato senza vita il 14 febbraio 2004 all’interno del residence Le Rose di Rimini. E sono parole che seguono le recentissime dichiarazioni di un testimone che ai tempi alloggiava nella stanza a fianco di quella assegnata a Pantani. Testimone secondo il quale la mattina della morte dell’atleta di Cesenatico il sottile muro che divideva le due camere non fece filtrare alcun rumoreAlmeno nessun rumore così forte da svegliarlo e solo la madre – presente con lui nella pensione che oggi non esiste più e mai sentita a verbale – avvertì qualcosa, ma abbastanza lieve da farle pensare che fosse dovuto al riassetto della camera.

Queste, nella sostanza, le affermazioni a Sky Sport di Marco, il testimone di cui non è stato rivelato il cognome. Più nello specifico, l’uomo ha detto: “La nostra stanza era sulla destra, l’edificio era datato quindi non c’era un grande isolamento acustico”. Sapeva che Pantani era lì accanto perché “la sera prima della sua morte lo avevo incontrato e ci avevo parlato per un quarto d’ora, poi ero andato in discoteca con amici e feci le ore piccole. Il giorno dopo mi sono svegliato tardi, verso l’una, quindi non ho sentito niente. Solo parlando con mia madre abbiamo pensato a quei rumori, che ci sembravano di una donna delle pulizie”. Inoltre poco dopo il risveglio di Marco, lui e la donna ricevono dalla polizia la notizia della morte del ciclista: “Ci dissero che poteva essere avvenuta di mattina”.

Di qui l’idea che, forse, quel che la donna aveva sentito era un segnale che nell’alloggio di Pantani era accaduto qualcosa. Quel qualcosa, secondo quanto emerso nella prima indagine e poi come dichiarato nel successivo processo, avrebbe riguardato lo stato di “delirio paranoide” e “aggressività violenta” di Pantani dopo l’assunzione della dose letale di cocaina. Delirio e aggressività sfogati contro mobilio e suppellettili che sarebbero stati lanciati per la stanza e ridotti a pezzi. Ma sul reale stato di quegli oggetti, di certo messi a soqquadro, emergono dei dubbi. “Possibile che quella furia si sia sfogata praticamente in silenzio?”, considera l’avvocato de Rensis.

“La domanda sorge da una serie di constatazioni. Il testimone dice di essersi svegliato alle 13 per cui, nell’ultima ora di sonno, quando è più leggero, il rumore provocato da un Pantani furioso non lo disturba e lo avverte solo la madre che pensa a tutt’altro, non di certo a qualcuno che disfa una stanza intera”. Ma non è tutto. “Pantani – ricorda ancora De Rensis – poco prima di morire chiama la reception e con voce calma chiede, dando dei lei, se per cortesia possono chiamare i carabinieri perché c’è qualcuno che gli sta dando fastidio. Questo non è il linguaggio di qualcuno in preda al delirio”. In merito ancora allo stato della stanza, le immagini di un video girato dalla scientifica mostrano un alloggio sicuramente in grave disordine, con materassi divelti, lenzuola annodate al corrimano che conduce sul soppalco su cui si trovava in ciclista e posate sparse a terra. Ma chi ha provocato quel caos, in bagno ha svitato le viti che reggevano lo specchio, appoggiato per terra e senza apparenti scheggiature pur avendo sopra una padella e una sedia.

“Tutti questi elementi, insieme alle parole del testimone e al fatto che sua madre non sia mai stata ascoltata – afferma ancora il legale – mi inducono a ribadire che non c’è nulla che abbia senso in questa storia. Sono trascorsi dieci anni ed è necessario a questo punto trovarlo il senso che manca. E’ necessario procedere con nuovi accertamenti”. Accertamenti che, qualora disposti, confluiranno nel fascicolo aperto ad agosto 2014 dalla procura di Rimini dopo che il suo capo, Paolo Giovagnoli, ha avviato un’indagine per omicidio. E’ accaduto con l’esposto che la famiglia ha presentato all’autorità giudiziaria allegando nuove perizie medico-legali sullo stato in cui è stato trovato il corpo di Pantani, indagini difensive oltre alla documentazione già acquisita agli atti del precedente procedimento, come il video della polizia scientifica e le 180 fotografie scattate durante i rilievi e l’autopsia. Messi in fila, questi elementi, sembrano in effetti raccontare una storia diversa rispetto a quella dell’overdose e gli inquirenti adesso dovranno accertare se ipotesi alternative a quella ufficiale siano davvero fondate.

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