Ferguson come Baghdad. Ferguson come Kabul. Mentre il Missouri State Highway Patrol prende il controllo delle operazioni di sicurezza nella città teatro della morte di Michael Brown, molti americani escono scioccati da quanto visto in televisione in questi giorni. Mezzi pesanti messi a presidiare le strade; pallottole di gomma sparate contro pacifici manifestanti; gas lacrimogeni usati per tenere la città libera dalla folla. E ancora, giornalisti continuamente intimiditi, arrestati, ostacolati nel loro lavoro; e cittadini cui è stato “consigliato” di dimostrare “con prudenza” e comunque non oltre le nove di sera. E’, secondo molti, una preoccupante sospensione dei diritti costituzionali quella avvenuta a Ferguson; è la prova conclamata di una militarizzazione della polizia Usa che richiederebbe immediate contromisure. 

L’adozione di mezzi violenti per soffocare le proteste è avvenuta altre volte, e di recente, negli Stati Uniti. Basti ricordare la repressione di Occupy Wall Street nel 2011; la militarizzazione delle strade di St. Paul, in occasione della Convention repubblicana del 2008; o ancora la mano violenta usata contro i manifestanti al Wto di Seattle nel 2009. Molti studiosi e teorici americani hanno trovato le cause storiche e culturali di questa “militarizzazione”: dall’ossessione per il binomio law and order come reazione ai movimenti degli anni Sessanta alla lotta alla droga degli anni Settanta, che ha criminalizzato una buona parte della comunità nera, sino all’espansione delle politiche di sicurezza interna durante la presidenza di Bill Clinton e all’esplosione dell’apparato militare post-11 settembre. 

Si tratta di “una strisciante mentalità di campo di battaglia” che si sarebbe impadronita della polizia USA, secondo il giornalista del Washington Post Radley Balko. Lo scorso maggio l’American Civil Liberties Union (ACLU) ha dedicato un rapporto di 96 pagine al problema, indicativamente intitolato “War Comes Home: The Excessive Militarization of American Policing”. La tesi dell’ACLU è che l’America sia diventata teatro di una guerra interna, soprattutto attraverso programmi federali che incentivano Stati e polizie locali a utilizzare tattiche e armi più consone a un esercito. Il flusso di denaro dal Department of Homeland Security alle polizie locali è stato tale che queste ogni anno spendono, complessivamente, circa 75 miliardi in armi che farebbero miglior figura sul campo di battaglia.

Il risultato è stato un allargamento smisurato del complesso industrial-militare che non si è nutrito soltanto delle guerre americane nel mondo ma anche della guerra portata nelle strade americane. Pile di armi d’assalto, droni, elicotteri hi-tech, equipaggiamento SWAT (quello in dotazione presso le unità di combattimento speciale) si sono ammassati nei magazzini delle polizie di città e villaggi. Con il progressivo ritiro delle truppa USA da Afghanistan e Iraq, il Pentagono si è trovato poi con gli arsenali pieni di armi di cui non sapeva esattamente cosa fare. Il Programma 1033 ha consentito ai militari di reindirizzare le risorse in eccesso proprio alle polizie. Un fiume di fucili automatici, granate, persino carri antimina da 30 tonnellate sono stati destinati ad agenti spesso non addestrati all’uso di armi da guerra. In altri casi il fiume di denaro si è indirizzato ad agenti addestrati all’eccesso. I team degli SWAT – quasi ogni comunità locale ha infatti le sue unità di combattimento speciale – vengono spesso utilizzati per controllare il tasso alcolico degli automobilisti. 

Questa sproporzione tra apparato di difesa ed effettiva minaccia è apparso nella sua forma più limpida in questi giorni a Ferguson. Di fronte a qualche centinaio di persone che manifestavano dolore e rabbia per la morte di un ragazzo afro-americano di diciotto anni – pochi e isolati i casi di danneggiamento dei beni pubblici e saccheggio – la polizia di Ferguson è scesa per le strade in assetto da guerra. La camionetta blindata Bearcat usata dagli agenti di Ferguson costa 360mila dollari ed è arrivata in questa cittadina di 20mila abitanti proprio grazie a un finanziamento del Department of Homeland Security. Stesso discorso, stesso finanziamento federale, anche per gli elicotteri, l’equipaggiamento notturno e gli altri mezzi pesanti visti in azione in questi giorni. Tutti comprati grazie ai 9,4 milioni di dollari che sono scesi sulla polizia della contea di St. Louis da Washington. 

Lo spiegamento di mezzi, e la gestione militare della protesta civile, devono questa volta essere apparsi davvero eccessivi. Il governatore del Missouri, il democratico Jay Nixon, è piombato su Ferguson, ha levato alla polizia della contea la gestione della crisi e l’ha affidata a un agente a capo della stradale. La senatrice democratica dello Stato, Claire McCaskill, ha spiegato che “è ora di demilitarizzare la situazione”, così come ha fatto il repubblicano Rand Paul, probabile futuro candidato alla presidenza, che ha scritto un op-ed in cui ha anche riconosciuto le ragioni degli afro-americani a sentirsi “bersaglio della polizia”. Lo stesso Barack Obama è intervenuto osservando che “non ci sono scuse per un uso eccessivo della forza da parte della polizia contro dimostranti pacifici”.

A questo punto molte speranze di riforma si concentrano su un progetto di legge del democratico della Georgia Hank Johnson, che verrà portato in aula alla Camera a settembre e che intende proibire il trasferimento di carri antimina, fucili d’assalto ed equipaggiamento militare dal Pentagono alle polizie locali. “Le strade dei nostri paesi e città dovrebbero essere luoghi per gli affari, le famiglie e il relax, non per carri armati e F16”, ha detto Johnson nel presentare il progetto.

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