Dopo che alcune grandi corporations americane ci hanno provato, e hanno risparmiato miliardi in tasse non pagate, adesso tutti la vogliono copiare. In fondo è un espediente molto semplice, perfettamente legale e … frutta alle imprese milioni o miliardi di dollari facili, facili.

Infatti per fare una “Tax Inversion” una grande corporations (ma anche una piccola, poiché la legge è uguale per tutti) deve semplicemente spostare ufficialmente la sede fiscale e amministrativa della società (o della capo-gruppo) in una nazione dove il livello fiscale riservato alle imprese è conveniente, e il gioco è fatto. Il livello della tassazione cui l’impresa si dovrà attenere sarà quello del paese prescelto (che ovviamente è ben contento di questa scelta) e poiché il differenziale di tassazione è in alcuni casi anche a due cifre, il guadagno è immenso. In Irlanda per esempio la tassa sui guadagni delle corporations è del 12,5%, mentre negli Stati Uniti è del 35%, ma non è difficile trovare altri luoghi dove il risparmio è comunque notevole e rende conveniente il trasferimento della sede sociale. La Gran Bretagna per esempio, sembra che in qualche caso consenta una tassazione del 20%. Anche la Svizzera concede tassazioni d favore a chi si appresta a fare una “Tax Inversion”.

(Se non erro qualcosa di simile sta avvenendo però anche in Europa, ed in Italia in particolare, dove la Fiat sta attuando il trasferimento della sede da Torino per le stesse ragioni fiscali).

Quindi non è nemmeno necessario andare nei soliti “paradisi fiscali” (che hanno qualche controindicazione per operazioni di questo tipo), per far “cassa” con l’elusione fiscale. Si può stare nel cuore dei paesi industrializzati, farsi i propri affari legalmente e … fare “cucu’” (virtualmente) all’esattore delle tasse.

E’ importante capire che nella sostanza, sotto il piano produttivo, logistico, ma anche amministrativo, non cambia nulla per la società che “si trasferisce” all’estero a questo scopo. Basta tirar su una palazzina con qualche ufficio, qualche computer, un manager e qualche gentile signorina che tiene tutto in ordine e risponde al telefono e formalmente c’è già quanto occorre.

Recentemente abbiamo già trattato questo argomento (vedasi “Usa: se l’elusione fiscale diventa arte”) ma gli interessantissimi guadagni che derivano da queste operazioni (che ovviamente consentono anche di ampliare i già lauti “bonus” ai top managers) hanno già indotto dozzine -o centinaia- di grandi imprese a pianificare il formale abbandono del “sacro suolo natio”, del tutto incuranti del “tradimento” operato.  

Tutto questo naturalmente ha fatto infuriare Obama, che durante una recente visita ad una università ha lanciato un richiamo molto duro non solo ai ai top managers di queste aziende dicendo: “Lo spettacolo di grandi imprese americane che disertano il loro paese allo scopo di eludere tasse mentre pretendono di godere gli stessi benefici delle aziende che si comportano come buoni cittadini, mi rende profondamente irritato e amareggiato”. Ma una severa sollecitazione l’ha inviata anche al Congresso che, nonostante i suoi ripetuti richiami, si è fin qui rivelato incapace di chiudere questa falla legislativa che si rivela non solo vergognosa ma anche pericolosa per le finanze statali. Sono infatti già più di 20 i miliardi che, come preventivato sulla base delle proiezioni per l’anno 2015, verranno a mancare prossimamente all’Erario statale.

E se mancheranno 20 miliardi di dollari nelle casse statali a ragione di queste “inversions”, provate ad indovinare a chi lo Stato sarà costretto a rivolgersi per chiudere il buco?

Anche se è fin troppo facile la risposta non è necessario che lo indoviniate voi, lo hanno gia’ fatto Allan Sloan su Fortune di luglio e Krugman sul NYTimes (“Corporate artful dodgers”) e molti altri. Saranno i comuni cittadini che, come al solito dovranno pagare, mentre questi campioni di “nazionalismo” alla rovescia si godranno qualche milioncino in più da spendere come e dove farà a loro piacimento.

Questa invenzione della “Tax Inversion” viene peraltro a confermare un trend di avidità verso il prossimo e di insensibilità persino verso la propria nazione che, come è già stato notato da molti, potrebbe in breve diventare un male incurabile per la nazione stessa. E se fosse proprio il capitalismo globalizzato a produrre queste pericolose tossine per l’organismo sociale?

Forse non sarebbe male andarsi a rileggere anche “Capitalismo, fa sempre piu’ rima con egoismo”.

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