Spartacus, il maxi processo che si concluse con condanne durissime ai vertici del clan dei Casalesi, non si poteva ‘aggiustare’. Lo dice il boss pentito Antonio Iovine, che da quando ha iniziato a collaborare con la giustizia ha rivelato l’esistenza di una ‘struttura’ che dietro pagamento di somme di denaro dai 200 milioni di vecchie lire a 250mila euro era in grado di intervenire tramite l’avvocato Michele Santonastaso sulle sentenze della Quarta Sezione della Corte d’Appello di Napoli, e di fare assolvere lui e Michele Zagaria da diversi processi per omicidio per i quali erano colpevoli. Lo spiega al pm della Dda di Napoli Cesare Sirignano mentre il processo per le minacce allo scrittore Roberto Saviano e alla giornalista-senatrice Pd Rosaria Capacchione imbocca l’ultimo chilometro: il 14 luglio è prevista la nuova requisitoria, ad ottobre potrebbe arrivare la sentenza.

Tra gli imputati, oltre a Iovine e Zagaria, c’è Michele Santonastaso. Fu lui il legale che nel marzo 2008 lesse in aula il proclama intimidatorio di ricusazione dei giudici di secondo grado che stavano celebrando il maxi processo. Santonastaso è il cardine di collegamento delle due vicende. Secondo Iovine, il contesto in cui maturano le minacce di Spartacus è quello della compravendita delle assoluzioni, un meccanismo che a un certo punto smette di funzionare anche perché, dice il boss, ci furono incomprensioni tra lui e Zagaria e il clan, fino a quel momento unito e compatto con un’unica cassa comune per tutte le esigenze degli affiliati, si divide in fazioni, ognuna con la sua cassa, i suoi avvocati, le sue strategie processuali. Che non sempre coincidono. Ascoltato in videoconferenza nella sua nuova veste di pentito, Iovine ha confermato il contenuto dei verbali sulla Quarta Sezione della Corte d’Appello presieduta da Pietro Lignola (che ha annunciato querela per calunnia contro il boss), ma senza approfondirne le circostanze: a una domanda se avesse notizie sulle persone che oltre a Santonastaso partecipavano alla ‘struttura’ per far assegnare i processi a Lignola, risponde che non lo sa, che se ne occupava Santonastaso, e che lui ‘per delicatezza’ non faceva domande sul punto.

Ed a una domanda dei difensori che hanno insistito sul chiedergli se leggeva le carte dei processi e le motivazioni delle assoluzioni e se sapeva che il Pg aveva chiesto l’assoluzione, nel tentativo di insinuare il dubbio che venisse assolto perché così doveva andare il processo e non perché le sentenze venivano comprate, Iovine ha risposto sbottando: “Volete dire che Santonastaso mi ha truffato 200mila euro? Questo volete dire?”. Iovine colloca l’inizio della frantumazione del clan dei Casalesi al mancato pagamento di Zagaria della sentenza di assoluzione GriffoStroffolino. Una delle tre sentenze per le quali si è mossa la ‘struttura’. All’inizio, spiega, Iovine tratta per sè e per i suoi processi e si fida ciecamente di Santonastaso. Gli affida tutto a scatola chiusa, non fa domande, paga senza fiatare: è contento, è assolto, va bene così. Quando bisogna intervenire su un processo che riguarda Zagaria, le cose cambiano. Zagaria non si fida.

Vuole rassicurazioni, vuole sapere con chi ha a che fare prima di pagare per la ‘sua’ sentenza. Santonastasto fissa un incontro in un bar con un fiancheggiatore di Zagaria e con la moglie di Iovine, porta un numero di telefono, dice: “E’ questo il numero da chiamare se volete l’assoluzione”. Qualcuno chiama. La sentenza di assoluzione arriva. Ma Zagaria non paga lo stesso. Dice che sarebbe stato assolto comunque. Nessuno corrisponderà la cifra pattuita. “La mia freddezza con Zagaria nacque da quel momento, ne parlammo di persona, stavamo spesso insieme. Se so che Zagaria era colpevole? Lo so perché me lo disse lui di aver commissionato quell’omicidio”. Così quando Spartacus arriva in Appello il quadro è profondamente cambiato. Appare subito chiaro che l’unione di diversi fattori – la ‘struttura’ che non funziona più, i riflettori accesi dopo la pubblicazione di Gomorra, il trasferimento degli atti del processo su un blindato da Santa Maria Capua Vetere a Napoli – fa sì che ormai è impossibile solo pensare di poter condizionare il maxi processo. Iovine afferma: “Santonastaso non mi disse di fare niente” “Spartacus era complicato”. E da qui l’istanza di ricusazione dei giudici fondata sui presunti condizionamenti ambientali e mediatici. Il proclama delle minacce. Sembrava l’ennesima prova di forza del clan. Sei anni dopo si è rivelata per l’esatto contrario: il primo segnale di debolezza e di divisioni interne. Il resto lo hanno fatto gli arresti di Iovine e Zagaria.

Articolo Precedente

Appalti pilotati, a giudizio l’intera giunta di Adro: c’è anche Lancini, ex sindaco sceriffo

next
Articolo Successivo

Carceri, una petizione per il diritto alla sessualità

next