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Mondiali Brasile 2014: dopo il fallimento diamoci una nuova etica sportiva

Mondiali Brasile 2014: dopo il fallimento diamoci una nuova etica sportiva
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Il post-Mondiale è stato peggio del Mondiale stesso. Dimissioni, spaccature, veleni, tutto in bella vista sulla piazza mediatica.

Nessuna autocritica, nessuna visione strategica, zero scenari costruttivi, né a breve né a lungo termine. Eppure sarebbe semplice trovare una risposta univoca al fallimento, risposta che dovrebbe mettere d’accordo tutti i contendenti (ora si molto combattivi) quelli in braghette e quelli in giacca e cravatta. Dentro i primi ottavi di finale c’è scritto tutto. Basta saper vedere gli ingredienti fondamentali di queste partite spettacolari ed emozionanti dove ci sono ritmo, organizzazione, passione, qualità tecniche. Tutti elementi che la nostra Nazionale non ha espresso e che il nostro calcio non sa esprimere.

Inutile dare la caccia al colpevole. Il caprio espiatorio non può essere né Prandelli né Balotelli. E’ il sistema che non funziona. Non è un caso che Premier e Serie A siano le leghe che hanno portato più giocatori al Mondiale (insieme 190). Si tratta di campionati importatori di talenti e farciti di club indebitati fino al collo, primi colpevoli della crisi penosa delle rispettive selezioni federali.

Si deve obbligare i club a mettere una percentuale consistente del proprio fatturato nelle strutture sportive dei propri settori giovanili e nella qualità del loro modello formativo. Standard che devono essere certificati e verificati con penalizzazione e premi conseguenti. Come avviene in Germania, in Svizzera, in Belgio, non a caso tutte nazionali qualificate brillantemente nei Group Stage della WC2014.

Certo fintanto che i Presidenti dei club gestiscono e manipolano le politiche federali sarà complicato sparare in provvedimenti radicali. Purtroppo controllato e controllore sono due facce della stessa medaglia.

Rinnovare il futuro” è il nome dello studio di fattibilità che Roberto Baggio consegnò al Presidente Abete nel Consiglio Federale del 21 dicembre 2011. L’allora Presidente del Settore Tecnico proponeva una riforma dei Settori Giovanili partendo dalla base della piramide, dalle decine di migliaia di squadre dilettantistiche che sono l’anima e la sostanza del nostro calcio. Un progetto che si basava su 18 mesi di studio di un gruppo di 50 persone e che aveva permesso di analizzare aree chiave come quella metodologica a quella organizzativa/logistica, quella tecnologica e quella economica. Il tutto sostenuto da uno studio comparativo che tutte le altre federazioni europee commissionato al Cies, centro studi della Fifa. Un benchmark impietoso per la nostra capacità di costruire e valorizzare i giovani.

Una proposta rimasta senza risposta e che costrinse, nell’indifferenza generale, Baggio a dimettersi dalla carica federale che gli era stato chiesto di assumersi dopo la disfatta sudafricana per dare all’opinione pubblica un segnale di cambiamento. E’ solo un esempio di come vanno le cose dalle nostre parti. Solo un intervento dall’alto (quindi di Renzi in prima persona) potrebbe obbligare i protagonisti di questo sfascio a farsi da parte. E’ tutto l’iceberg che va alla deriva, è quello che c’è sotto che non va, non basta tagliare la sua punta. Prima di pensare a volti nuovi meglio darci nuove regole dettate da una nuova etica sportiva.

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