Restituire a Riccardo la dignità, la sua figura integra e non sporcata da quello che nelle ore successive alla sua morte hanno tentato di cucirgli addosso. La battaglia della famiglia Magherini, oltre che per la verità su quanto accaduto la notte tra il 2 e il 3 marzo scorso, in Borgo San Frediano a Firenze, è perché il piccolo Brando, che oggi ha due anni e mezzo, un domani possa sapere chi era suo padre. Quella notte Riky, come lo chiamano gli amici di una vita, era da solo ed era in preda a un attacco di panico. Aveva bisogno di aiuto, non di manette. E invece l’hanno fermato in quattro, con la divisa dell’Arma, e mentre lui chiedeva di chiamare un’ambulanza lo lasciavano ammanettato, faccia a terra e petto nudo sull’asfalto. Tanti i testimoni di quella notte, quelli che non si sono voluti girare dall’altra parte. Due di loro – è notizia di ieri – sarebbero anche stati intimiditi al momento della verbalizzazione: in un caso i carabinieri avrebbero omesso di scrivere dei calci sferrati al ragazzo, nell’altro la persona sarebbe stata chiamata a testimoniare contro Riccardo, nel procedimento che hanno cercato di intentargli da morto. Il fratello Andrea, che ieri col padre Guido ha voluto accostarsi alla Festa per il Bicentenario dell’Arma, ha voluto ripercorrere con ilfattoquotidiano.it gli ultimi momenti della vita di Riky di Max Brod e Silvia D’Onghia
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