Il detroiter della Fca” non è una frase triviale storpiata. Si tratta ‘solo’ dell’ultimo, straordinario americanismo di Sergio Marchionne, che ora, dopo essersi messo in testa di far diventare mezza americana la torinese Fiat (ci è riuscito, obviously), vuole ripercorrere la stessa strada con il suo presidente John Elkann. Pochi dubbi sul fatto che il manager italo-canadese raggiungerà anche questa volta il suo intento. Il nome del rampollo, del resto, già si presta di suo…Chapeau anticipato, anzi hat (tanto per rimanere in idioma). Resta, tuttavia, l’ennesimo doppio senso involontario dovuto all’american style del maglioncino di cachemire più influente del West. Le cui conferenze stampa, inutile nasconderlo, per appeal sono seconde solo a quelle di Josè Mourinho (Renzi, al confronto, è un dilettante).

E allora let’s go con l’umorismo d’Oltreoceano e pazienza se la Borsa boccia sonoramente il suo piano industriale 2014-2018 (titolo Fiat giù dell’11%). Tutto nasce con una domanda al numero uno Exor sul suo rapporto con Detroit. Per il nipote dell’Avvocato la capitale dell’auto mondiale ha un grosso merito nel successo della Fca. Poi ricorda l’era dell’innocenza (l’Innocenti ancora non l’avevano dismessa…), quando il bisnonno e il nonno erano rimasti colpiti da quello che avevano visto a Detroit, tanto da volerlo replicare in Italia. Musica per le orecchie di Marchionne, che coglie la ball al balzo e rilancia, con un sorriso che neanche Tony Blair: “Lo farò diventare un detroiter” dice l’ad Fca. Che già si è portato avanti, visto che oltre alla fabbrica, di detroiter ha anche l’orologio. Per lui, mezzo italiano e mezzo canadese, un sogno che si avvera: tutto quel che tocca diventa americano. Poi però è costretto a svegliarsi, perché i cronisti chiamano il presidente ‘Mr. Elkann’ e lui solo ‘Sergio’. Che disappointment… Poco male: si riprende subito con la lettera ai dipendenti, in cui si magnifica il “piano coraggioso di rottura (aridaje, direbbero a Roma) che parla di impegno e di ambizione per Fiat Chrysler Automobiles nel mondo“. O, meglio, in the world. Si fa per scherzare, ‘mister Sergio’. Ma attenzione, che se i piani industriali non si tradurranno in vendite reali (noi siamo italiani e non vogliamo portar bad luck, cioè sfiga) sia torinesi che detroiter saranno costretti ad ingoiare il rospo. In tal caso, tutti deep throater (ops).

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