E’ un “Mundial de futebol” veramente strano a Rio de Janeiro. Qualcosa è realmente cambiato nella società brasiliana, se a poco più di un mese dall’inizio dei mondiali di calcio non si vedono ancora quelle tipiche manifestazioni spontanee di amore verso la tradizionale passione nazionale dei brasiliani: il calcio.
Non si vedono le infinite ghirlande di bandierine gialle verdi di un tempo, tantomeno i murales dipinti spontaneamente sui muri e sull’asfalto delle strade. Eppure la finale del mondiale si giocherà proprio al Maracanã, il tempio del calcio carioca e mondiale. Il fatto che la “Secretaria de Ordem Pública” della prefettura di Rio de Janeiro non ha ricevuto nessuna richiesta di autorizzazione per la decorazione delle strade, è un qualcosa che lascia pensare. Non c’è nessuna proibizione o restrizione della prefettura alle decorazioni della città in epoca di campionato mondiale.
Il mondiale, fino a poco tempo fa, era per tutti l’occasione per celebrare un secondo carnevale, l’altra passione nazionale. I brasiliani non amano forse più il calcio? Questo no. Ma il “Futebol” forse non ha più la forza di un tempo per far scordare alla gente i problemi sociali e politici che, nonostante il boom storico dell’occupazione registrato nel paese, emergono più che mai.
“Não vai ter copa não”. E’ lo slogan più gridato nelle sempre più frequenti manifestazioni contro la coppa. Lo slogan ora è conosciuto anche da quelli che non vanno a protestare in strada. Il seguente video è stato condiviso ben 236.340 volte su Facebook.
Si tratta della critica del giornalista Paulo Martins fatta alla Fifa, la quale userà gratis un’armata di lavoratori volontari che non saranno retribuiti durante la coppa. Secondo quanto scrive il giornale brasiliano, la Folha de São Paulo, la federazione calcistica internazionale lucrerebbe circa cinque miliardi di dollari con lo svolgimento del campionato mondiale in Brasile. Un vero business che aumenta vertiginosamente se si dovesse tenere conto anche dei guadagni che otterranno le imprese private, tra cui la statunitense Aeg, attraverso la gestione pluriennale dei nuovi stadi; senza contare poi della speculazione immobiliare che gira intorno ai megaeventi finanziati quasi interamente dal governo brasiliano.
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Gli abitanti della favela
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