Frocio, gay, checca, finocchio: quante volte ho sentito ragazzini di quinta elementare o della scuola media prendersi in giro in questo modo. Basta fare un giro tra i corridoi delle scuole all’intervallo o guardare sui muri dei cessi di un istituto secondario di primo grado per comprendere quanto sia urgente parlare di omofobia.

Chi forse non si è mai seduto su una panchina con i nostri ragazzini o con ogni probabilità non è mai entrato nel bagno di una scuola sono il neo ministro dell’istruzione Stefania Giannini e il presidente della Conferenza episcopale italiana, Angelo Bagnasco che hanno mosso una guerra contro tre opuscoli dal titolo “Educare alla diversità”, realizzati dall’Istituto scientifico Beck per conto dell’Unar, l’ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali nato sotto la direzione della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Una circolare del Ministero di viale Trastevere ha bloccato la diffusione nelle classi degli opuscoli incriminati.Una vittoria per Bagnasco che nei giorni scorsi aveva mosso una vera e propria crociata contro l’iniziativa dell’Unar: “In questa logica distorta e ideologica, s’innesta la recente iniziativa di tre volumetti che sono approdati nelle scuole italiane, destinati alle primarie e alle secondarie di primo e secondo grado. In teoria le tre guide hanno lo scopo di sconfiggere bullismo e discriminazione – cosa giusta –, in realtà mirano a “istillare” nei bambini preconcetti contro la famiglia, la genitorialità, la fede religiosa, la differenza tra padre e madre… parole dolcissime che sembrano oggi non solo fuori corso, ma persino imbarazzanti, tanto che si tende a eliminarle anche dalle carte. È la lettura ideologica del “genere” – una vera dittatura – che vuole appiattire le diversità, omologare tutto fino a trattare l’identità di uomo e donna come pure astrazioni”.

Immediato l’inchino del Governo alla voce grossa del cardinale. Ma che avevano di così terribile questi opuscoli da essere censurati?

Sono andato a leggermi quello dedicato alla scuola primaria: quarantotto pagine ben suddivise in schede informative rivolte agli insegnanti, una serie di strumenti utili per l’implementazione di una politica di lotta al bullismo e una proposta di lezioni da tenere in classe. Un lavoro scientifico, serio e professionale ma anche utile che parte da un presupposto che dobbiamo dirci con franchezza: “Gli insegnanti anche i più bravi e preparati, possono non essere perfettamente consapevoli della propria omofobia e rischiare, perciò, di minimizzare dei comportamenti omofobici, definendoli “ragazzate”. Oppure possono rendersi conto che sta avvenendo un atto di bullismo omofobico, ma si sentono soli e impreparati rispetto alla modalità di intervento”.

È vero, noi maestri, ci sentiamo sempre più soli, in trincea, senza un generale dietro che aiuti il suo esercito. Questi opuscoli erano uno strumento prezioso: il ministro ha preferito cestinarli (e con essi ha gettato 24.200 euro), chiudendo gli occhi di fronte alla realtà. E così l’Italia continuerà a restare ignorante, incapace di cogliere le rivoluzioni necessarie. Come ho già sostenuto altre volte è inutile parlare di adozioni gay, di matrimoni tra omosessuali se prima non creiamo una cultura capace di aprirsi alla diversità. A partire dalla scuola.

Non potrò mai scordare quella volta che parlai in classe di omosessualità a dei ragazzini di 9-10 anni. Il giorno dopo alle 8.25 mi ritrovai otto mamme sulla porta della classe: “Maestro, va bene tutto ma non parli di omosessualità ai nostri figli”. V’immaginate se un giorno, in questo piccolo paese di campagna dove ho insegnato, arrivassero due uomini a portare il loro figlio a scuola: quali sarebbero gli atteggiamenti di quei genitori che hanno fatto la crociata contro il maestro perché ha parlato di omosessualità?

Chi governa questo Paese, forse, deve render conto a Bagnasco ma chi sta in classe ogni giorno ha il dovere di costruire un’Italia dove una principessa possa sentirsi libera di innamorarsi di un’altra principessa e non del principe azzurro. Ai maestri, il compito, di far maturare questo Paese.  

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