Prima la spara grossa e poi ci ripensa. Il dottor Umberto Veronesi sull’ultimo numero di Oggi, uscito ieri, si rimangia le parole scritte il 12 febbraio (sulla stessa testata) contro il film Il venditore di medicine rispondendo alla lettera del regista Antonio Morabito. Ma il risultato non fa una piega. Anche perché si suppone che lui, come la maggior parte degli italiani, non abbia mai guardato la pellicola, che uscirà nelle sale il prossimo 30 aprile. Veronesi non era presente nemmeno al Festival internazionale del cinema di Roma quando il film, fuori concorso, è stato proiettato per la prima volta. Si sarà guardato il trailer su YouTube almeno? Dobbiamo immaginarlo, visto che in prima battuta lo ha definito una “satira” che “fa a pezzi il mestiere dell’informatore scientifico”, accostandolo al detto di un conservatore come Talleyrand, politico francese del Settecento: “Tutto ciò che è esagerato è insignificante”. Come il film, crede il professore. Che aggiunge: “Chi esagera non risolve niente”. Il film denuncia la collusione tra industrie del farmaco e classe medica alle spalle dei pazienti. Il protagonista (Claudio Santamaria, qui nei panni di Bruno) è un rappresentante farmaceutico di una ditta che naviga in cattive acque e che in cambio della prescrizione del prodotto è disposto a tutto. A imbrogliare gli effetti rivoluzionari della molecola. A corrompere i medici offrendo regali fuori di testa: dallo stetoscopio d’avanguardia a un finto convegno ai tropici, un computer palmare o un’auto di lusso. In pratica, l’informatore e i suoi colleghi commettono un reato che si chiama “comparaggio”. Ha una parte nella storia anche Marco Travaglio, nel ruolo di un medico che respinge i ricatti di Bruno, ma solo perché è già sceso a patti con una casa farmaceutica rivale.

“Troppi pensano che non funzioni più così, che oggi le cose sono cambiate, ma non è vero – dichiara il regista Morabito -. Mi sono basato su episodi reali e le mie fonti sono state gli stessi informatori che non hanno voluto uscire allo scoperto per non perdere il posto di lavoro”. Morabito nella lettera replica a Veronesi: “Lei dice che chi esagera non risolve niente . A mio avviso, c’è chi ha il compito di denunciare e chi quello di risolvere. Noi, col nostro lavoro, richiamiamo l’attenzione su un grave problema la cui esistenza è incontestabile”. Veronesi aggiusta il tiro così: “Sono tanto convinto della necessità di una ricerca scientifica indipendente, da aver strutturato sul finanziamento di progetti innovativi la Fondazione che porta il mio nome. Penso infatti che sottomettere la ricerca a dei puri e semplici obiettivi economici sia un grave errore”. Ma, getta la spugna, “è arduo pensare che si possa fare a meno della ricerca condotta dall’industria farmaceutica” perché lo Stato non ha i mezzi economici, anche se “inevitabilmente” la ricerca della ditta “punta al profitto”. Poco importa. La morale secondo Veronesi è: “Se è irrealistico scandalizzarsene, è invece giusto denunciare le scorrettezze e gli abusi di un liberismo ‘selvaggio’, che andrebbe controllato con maggio rigore”. Lancio di zappa sui piedi finale: il film è una “denuncia coraggiosa, che non ho mai inteso definire insignificante, mi creda”.

(Nella foto Claudio Santamaria, nei panni dell’informatore scientifico Bruno) – Il film uscirà nelle sale italiane il 30 aprile 2014

Il Fatto Quotidiano, 3 aprile 2014

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