Altro giro, altra tassa, altro regalo.

La Tasi, la nuova tassa sui servizi indivisibili, sarà per molti ma non per tutti. Specialmente non per gli enti ecclesiastici. Come avevamo anticipato già domenica.

Anche Renzi dunque ha baciato la pantofola, non quella del Papa bensì dei tanti vescovi italioti sempre vezzeggiati dai sindaci a caccia di voti.

Mentre l’Imu è una tassa sul patrimonio e quindi legata al possesso di un immobile, la Tasi è una tassa sui servizi forniti dai Comuni (illuminazione, manutenzione stradale, vigili urbani etc). Dovrebbero quindi pagarla tutti coloro che usano quei servizi e le esenzioni sarebbero limitatissime.

Invece sono tanti, se non tutti, gli immobili ecclesiastici che non verseranno un euro.

Eppure il Governo, il 28 febbraio 2014, con un comunicato ufficiale, precisava che l’esenzione è prevista solo per i 25 immobili di proprietà del Vaticano che sono citati nei Patti Lateranensi. Già questo era un primo regalo, perché si poteva benissimo farli pagare come ha chiarito la Cassazione. Anche perché tra questi palazzi ci sono quelli in cui si gestisce il business del turismo religioso o si affittano le mura a negozi.

Almeno però sembrava essere evitata l’ennesima beffa ai danni di chi paga le tasse.

E invece no, sono bastati  cinque giorni e il Governo ha fatto retromarcia, prevedendo per la Tasi le stesse esenzioni dell’Imu, quelle cioè che hanno portato ad una elusione di centinaia di milioni di euro.

In pratica, a godere dei servizi comunali “a scrocco” non saranno solo gli edifici di culto (chiese ed oratori) ma anche, ad esempio, la casa e l’ufficio del Vescovo.  

Dire poi che la pagheranno le porzioni di immobili ecclesiastici destinati ad attività commerciali è il solito trucco per confondere le acque: tutto dipende da una autocertificazione fatta dall’ente ecclesiastico e che nessun Comune ha la capacità di controllare in concreto. E se anche lo facesse ci sono poi i contenziosi giudiziari e, se si perdono, si troverà sempre qualche governo pronto a fare una leggina interpretativa.

In ogni caso, poi, la distinzione tra attività commerciale e non commerciale non ha alcun senso perché la Tasi, lo ripeto, è tassa sui servizi e non sul patrimonio che produce reddito.

Per chi volesse capire come funzionerà l’elusione della Tasi anche da parte di quelli che in teoria dovrebbero pagarla, riporto questa video-inchiesta che ho girato ai tempi dell’Ici.

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