Si scrive Salva-Roma, si legge vendita di partecipazioni. E riapre la partita della cessione del 51% di Acea, appena finita sotto la lente dell’Antitrust per violazione degli obblighi di lettura e messa in servizio dei contatori elettronici. Formalmente, infatti, il pacchetto non è in vendita. Tuttavia il sindaco Ignazio Marino sa bene che la cessione della quota di maggioranza della società romana della luce e dell’acqua darebbe una grossa mano al riequilibrio finanziario della Capitale. Senza contare che si tratterebbe anche di una dimissione tecnicamente facile dal momento che Acea è quotata in Borsa e i soci di minoranza, il costruttore-editore Francesco Gaetano Caltagirone e i francesi di Gdf-Suez, sono molto interessati alla partita.

A Marino però le privatizzazioni non piacciono. Tanto meno quando toccano un tema chiave come l’acqua che un referendum popolare vorrebbe restasse pubblica. Così lo strappo fra Marino e il premier Matteo Renzi, in occasione della decreto Salva-Roma, rischia di essere solo la prima schermaglia di una battaglia interna al Pd ben più dura e fatta in nome del risanamento dei bilanci degli enti localiDa primo cittadino Renzi ha dimostrato di essere un sostenitore delle privatizzazioni cedendo l’Ataf, società comunale dei trasporti pubblici, alle Ferrovie dello Stato. E mettendo in moto la quotazione in Borsa della locale centrale del latte, la Mukki.  A Roma invece la Centrale del latte è rientrata ad aprile dello scorso anno nella piena proprietà del comune. La cessione dell’Atac, l’azienda di trasporto pubblico romano, non è una strada facilmente percorribile: la società ha 200 milioni di disavanzo, ha 12mila dipendenti e un tasso di produttività inferiore del 30% rispetto a quanto previsto nel contratto di servizio. Acea, almeno sulla carta, resta quindi la partecipazione più facile da vendere. Ma il referendum sull’acqua pubblica lega le mani al sindaco Marino che, dopo aver contestato in assemblea la nomina di Paolo Gallo ad amministratore delegato di Acea, non ha continuato a monitorare da vicino la gestione della super indebitata multiutility (2,495 miliardi di debiti su un fatturato 2012 da 3,6 miliardi) .

Così a Piazzale Ostiense tutto prosegue come in passato. Richiami inclusi. L’ultimo, in ordine cronologico, è per l’appunto quello dell’Antitrust sugli obblighi di lettura arrivato sabato primo marzo: l’Authority ha contestato all’azienda il mancato raggiungimento dell’obiettivo di messa in servizio dei contatori elettronici e la mancata lettura bimestrale. Argomenti non da poco per una società già nota alle cronache degli ultimi tre anni per le bollette pazze con cifre stratosferiche su consumi presunti, distacchi senza preavviso e cumuli di denunce ai comandi di polizia locale da parte di cittadini esasperati. Non a caso già prima del nuovo procedimento sui contatori, l’azienda capitolina era stata già sanzionata dall’Autorithy per non aver rispettato gli obblighi di registrazione delle interruzioni (per 517mila euro ) e per la violazione degli obblighi di trasparenza nel servizio telefonico commerciale (altri 150mila euro di ammenda).

Dal canto suo, il gruppo romano ha espresso la “massima attenzione per le segnalazioni” dell’Autorità, ricordando come le osservazioni risalgano a inizio 2012, e evidenziando come i primi risultati inizino grazie ai nuovi vertici di Acea Distribuzione rinnovati dalla capogruppo. “Siamo convinti – conclude il comunicato – che, attraverso l’impegno della nuova gestione di Acea Distribuzione e la collaborazione con le istituzioni preposte, sarà possibile rientrare pienamente nei parametri previsti, recuperando definitivamente i ritardi accumulati negli scorsi anni e offrendo a cittadini e clienti un servizio sempre migliore e più competitivo”. In azienda, insomma, sono tutti impegnati a migliorare l’offerta e quindi anche i conti della società. Del resto solo così, nonostante i debiti, la società guidata da Gallo e presieduta da Giancarlo Cremonesi potrà permettersi di staccare di una cedola come quella del 2013 che, a Natale, con un assegno anticipato da circa 27 milioni, ha salvato le casse del comune di Roma.

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