Lo ammetto, io sono ottimista. Per esser precisi mi considero un ottimista realista, del tipo cerco sempre di vedere il bicchiere mezzo pieno, ma so che oggettivamente può anche essere descritto come mezzo vuoto. Tuttavia ho una perplessità. Concedetemi che non ho accesso alle informazioni e alla rete di contatti che ha il Primo Ministro Letta, ma la sua recente apparizione alla tv Saudita Al Arabiya mi ha lasciato incuriosito. Letta ha dichiarato che la crisi europea è alle spalle anche per l’Italia. Aggiunge che il nostro Paese ha molte opportunità e un ambizioso piano di privatizzazione. Ok, ognuno è libero di dire quello che vuole, siamo in una democrazia.

Poco dopo gli fa eco il signor Squinzi, che di lavoro, tra le altre cose, fa anche il presidente di Confindustria. Sia ben chiaro gli industriali saranno anche brutti cattivi e sfruttatori degli operai (come spesso li vedono i sindacalisti), ma sono i primi ad essere entusiasti se la produzione e il settore economico italiani comincia ad avere ordinativi per il mercato italiano e europeo. Ma il signor Squinzi, dopo aver raccolto un po’ di opinioni dai suoi colleghi ha dichiarato che si tornerà al livelli pre-crisi nel 2021 ( e speriamo che abbia ragione).

Ora da una parte abbiamo un politico abile, sveglio che parla anche lingue straniere (francese e inglese, se non erro) correttamente (concedetemi in Italia non è cosa da poco), ha un età media, quasi un pupo per gli standard della politica italiana, dall’altra un signore qualche anno più maturo con alle spalle una legione di suoi colleghi un poco alterati per le scelte del governo. Chi ha ragione? La Goldman Sachs ( ok lo ammetto non la banca più amata del mondo) dichiara che l’Europa in media non crescerà contrariamente a tutte le altre macro aree.

Lo scenario che maggiormente mi preoccupa dell’Italia (come detto son ottimista ma realista) non è tanto che il Signor Letta possa aver successo nella sua missione, di portare investitori esteri (oggi Sauditi Sunniti domani chissà Iraniani Sciiti) nella nostra nazione. Ben vengano gli investimenti e le privatizzazioni, ma ci sono due incognite che non mi sono chiare. La prima è banale. Se le aziende che verranno messe sul mercato vedranno ancora una partecipazione di maggioranza del governo italiano siamo sicuri che gli investitori stranieri arriveranno.

Uno dei temi che maggiormente rendono perplessi gli investitori stranieri, generalmente, è la certezza del diritto. In Italia le leggi cambiano più velocemente del tempo a Londra (solo che noi italiani abbiamo finito gli ombrelli). Il secondo punto è forse il più critico. Con questi soldi che guadagneremo (sì perché le quote dello stato per definizione estesa appartengono a tutti noi italiani) cosa ci farà il governo Letta? Sarebbe da capire innanzitutto se il governo Letta sarà ancora lì quando i giochi elettorali saranno compiuti (con il Signor Berlusconi che non fa segreto al pari del Signor Renzi di voler andare alle elezioni quanto prima).

Ipotizzando anche che Letta sarà ancora nella sua posizione quando le quote delle aziende saranno trasformate in denaro contante qual è il piano industriale e la proiezione estera dell’Italia? Sarò diretto. Se io sto morendo di fame e vendo casa, ma sono disoccupato, con i soldi della compravendita tirerò a campare, mi prenderò un appartamento in affitto e cercherò di trovar un lavoro. Oppure emigrerò in un altro Paese dove il costo della vita è più basso (opzione non percorribile dal governo). Qual è il piano industriale dell’Italia?

Vi faccio un esempio parallelo. Il governo Obama, che sta lì da 8 anni (a fine mandato) si è messo in testa di re-industrializzare l’America. In aggiunta con il boom energetico grazie alle fonti energetiche non convenzionali avrà un costo dell’energia estremamente basso. Tra le tante cose che sta facendo l’amministrazione Obama manda a spasso per il mondo occidentale esperti di energia come il signor Frank Verrastro, a fare conferenze spiegando che gli Usa saranno il paese dove investire. Che lo vogliate o  no la gente ci crede. Obama sta creando e ultimando un piano di accordi commerciali trans-oceanici con Europa, nazioni asiatiche, Messico e Canada (già parte del Nafta) per creare un area di libero scambio per la sua futura produzione.

Ok, lo ammetto l’Italia non è l’America ma la Germania ha un piano industriale e un sistema di missioni commerciali da far invidia, per celerità ed efficienza, alle tattiche della guerra lampo di Hitler. Gli inglesi si stanno re-inventando come Hub per la finanza islamica (che non finanzia il terrorismo ma è una soluzione intrigante di finanza alternativa a quella occidentale classica). E noi italiani? Qual è il piano di proiezione estera per le nostre Pmi in mercati dal nome esotico ma in forte crescita quali Azerbaijan, Uzbekistan Kazakstan? Qual è il piano industriale (che implichi anche occupazione e rioccupazione di una forza lavoro esodata da grandi aziende quali Fiat o Electrolux e tutti i suoi sub contractor)? A queste domande fino ad ora non ho trovato una risposta soddisfacente. Auspico che il primo ministro Letta e gli altri ministri che lavorano con lui su questi temi abbiano una o più risposte.

@EnricoVerga

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