Tra porcellum, mattarellum, pastrocchium (come Giovanni Sartori definisce la bozza blindata di riforma costituzionale Berlusconi-Renzi) adesso irrompe il “sarchiapone”. Ve lo ricordate il sarchiapone? Era una gag di Walter Chiari e Carlo Campanini. Un viaggiatore entra nel vagone ferroviario con una valigia di vimini, che dichiara contenere l’animale misterioso e ferocissimo (appunto, il S.); sicché gli altri passeggeri intimoriti, i quali non vogliono ammettere di ignorare cosa sia tale “S”, abbandonano lo scompartimento e – a quel punto – la valigia si rivela vuota: un espediente per viaggiare più comodi, in uno spazio vuoto tutto per sé.

Oggi ad evocare un Sarchiapone ad Agorà, su RAI 3, è stato il senatore Cinquestelle Nicola Morra, intervenendo in trasmissione giusto il tempo per la sua gag. Infatti, mentre il contrapposto portavoce del Pd spiegava le meraviglie dell’accordo renziano con il pregiudicato di Arcore e avvolgeva tali acrobazie argomentative nelle solite tiritere (le riforme si fanno con tutti… decidere con Berlusconi per governare contro Berlusconi…), il cittadino portavoce Morra se ne usciva dicendo che una proposta in materia elettorale ce l’ha pure la sua parte. Lo ha fatto magnificando un fantomatico modello “ispanico-svizzero”; offrendo – così – il destro al suo interlocutore in trasmissione di pretendere chiarimenti, appunto sul Sarchiapone. Ma Morra, come nella vecchia scenetta, dimostrava immediatamente di non sapere neppure di cosa si tratta e ha preferito filarsela all’inglese; biascicando di motivi superiori, qualcosa come l’impatto delle armi chimiche di Assad nel suo collegio elettorale.

Da qui due considerazioni.

La prima è che continua la serie di autogol dei grillini, tanto da indurre a pensare che c’è del metodo in questa follia. Difatti la strategia casaleggiana del “tanto peggio tanto meglio” apre autostrade per i Tir che trasportano scorie tossiche da scaricare ulteriormente nel nostro sistema politico. Ossia lascia campo all’opera devastatrice di Matteo Renzi, il quale si illude di recuperare voti mimando un ipotetico attivismo, che è solo muoversi scompostamente: il pastrocchio in materia elettorale risulta un (maldestro) tentativo di riposizionare il Pd nel mercato elettorale allo scopo di sottrarre voti a chi aveva incamerato la protesta; producendo un ibrido comunicativo che un po’ vorrebbe coprire lo spazio di Forza Italia, un po’ del M5S.

A fronte di questa offensiva, il quartier generale Grillo-Casaleggio conferma di essere stato preso in contropiede, sicché – per ora – non dà segni di essere in grado di reagire; se non assumendo la posizione passiva di chi scommette sul fallimento della strategia altrui. Sperando di incassarne i dividendi sotto forma di macerie.

Ma c’è anche un secondo aspetto che va evidenziato: lo smarrimento dei parlamentari grillini tipo Morra – davanti all’inazione dei capi – sta sfociando in nient’altro che nell’appiattimento sulla fedeltà acritica da tributarsi al duopolio G&C, dominante a mezzo blog (legittimatore del diritto di sedere in Parlamento, con relativo status privilegiato).
Questo induce a ipotizzare l’avvenuta ripartizione del gruppo degli eletti Cinquestelle in tre tipologie: i “leaderini” (alcuni portavoce che stanno acquisendo una loro riconoscibilità politica), i “critici” (quelli che recalcitrano alla spersonalizzazione vagamente stalinistica della loro soggettività, in quanto esseri pensanti) e – infine – una “palude dorotea”, dove fa premio il conformismo fideistico da cinghia di trasmissione della linea ufficiale. Un po’ quello che succede sempre ai movimenti in consolidamento. E chi ha i capelli bianchi dovrebbe ricordarsi quanto “conformismo alternativo” si annidava nelle basi dei contestatori all’epoca del Sessantotto, come nei movimenti alternativistici che ne derivarono.

Niente di nuovo, dunque. Difatti il berluschino Renzi ha potuto riesumare per l’ennesima volta Berlusconi. Difatti ora ci propinano una riforma elettorale a loro uso e consumo (quel ballottaggio che scatta sotto al 35%…). Difatti – anche grazie al surplace del M5S – si è potuta riaccreditare la balla spaziale che quello italiano è “un sistema bipolare”. Quando – invece – le elezioni di febbraio ce lo riconfermano “multipolare”; visto che oltre ai tre poli da 25% di consensi espressi, ce n’è pure un quarto: il non voto, ormai il vero partito maggioritario italiano (considerato che si aggira attorno al 30% degli aventi diritto).

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