Mentre in Europa la disoccupazione galoppa, il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione viene tagliato di oltre due terzi. Il Parlamento europeo ha approvato a Strasburgo i nuovi aiuti per il periodo 2014-2020 con un budget totale di 1,05 miliardi di euro contro i 3,5 miliardi di euro del periodo precedente (2007-2013). E dire che l’obiettivo del fondo è aiutare i lavoratori a trovare un nuovo impiego e a riqualificarsi quando perdono il lavoro a seguito di mutamenti strutturali del commercio mondiale, ad esempio in caso di chiusura di un’impresa o delocalizzazione di uno stabilimento in un paese extra Ue.

C’è quindi poco da festeggiare per l’approvazione del fondo. Ma poteva anche andare anche peggio. “Il Parlamento ha combattuto con i governi nazionali per mantenere attivo il fondo per il periodo 2014-2020. Mi auguro che lo stanziamento previsto sia sufficiente”, ha affermato la relatrice del dossier dopo il voto, l’eurodeputata irlandese e liberale Marian Harkin.

Il ridimensionamento rientra nella logica di tagli forzati che i governi nazionali hanno imposto al quadro finanziario multiannuale Ue 2014 e 2020, per la prima volta ridotto rispetto al periodo precedente (senza contare che dal primo luglio scorso i Paesi membri sono 28). Anche se fino ad ora questo fondo ha portato a risultati concreti. Secondo le stime della Commissione europea, il tasso di reinserimento di coloro che hanno usufruito del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione è pari al 48 per cento. Questo grazie al diretto finanziamento ad attività come l’assistenza nella ricerca di un impiego, l’orientamento professionale, la formazione e riqualificazione su misura, il tutoraggio e la promozione dello spirito imprenditoriale.

Una precisazione va fatta: il Feg non finanzia misure di protezione sociale, come pensioni o indennità di disoccupazione che restano di competenza esclusiva degli Stati membri. Secondo la Commissione europea, solo nel 2012 il Feg ha fornito sostegno nella ricerca di nuove opportunità di impiego a 15.700 lavoratori licenziati in seguito alla crisi economica e agli effetti della globalizzazione erogando 73,5 milioni di euro in 11 Stati Membri (Austria, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Irlanda, Italia, Paesi Bassi, Romania, Spagna e Svezia). Il taglio di oggi appare ancora meno giustificabile alla luce della decisione di prorogare la messa a disposizione del fondo per aiutare le persone che hanno perso il lavoro a causa della crisi economica (questa misura era in vigore per il periodo 2009-2011), in aggiunta al suo obiettivo primario di contrastare gli effetti della globalizzazione.

Un vero peccato visto che è stato deciso di includere tra i beneficiari anche i giovani che non rientrano nelle categorie di studenti, lavoratori o in formazione, purché provengano da zone colpite da licenziamenti. Ma allora come si spiega un simile taglio drastico? A quanto pare il Consiglio, ovvero l’istituzione che rappresenta i governi nazionali, avrebbe addotto come scusa il fatto che ad oggi questo fondo risulta poco utilizzato. “Il motivo è che è poco conosciuto nei Paesi membri, sia da parte delle associazioni sindacali che delle stesse aziende. Per questo avremmo preferito che fosse unito al Fondo sociale europeo”, spiega a ilfattoquotidiano.it una rappresentante della Confederazione europea dei sindacati (Ces). “Quella presa oggi non è una risposta coerente alla crisi e ai bisogni dei disoccupati europei”.

E intanto la disoccupazione in Europa resta altissima, mentre sale ancora di più quella giovanile: gli under 25 senza impiego a ottobre hanno raggiunto il 23,7% e la soglia tocca il 24,4% nell’Eurozona. In termini assoluti i giovani senza lavoro a ottobre erano 5.657.000 in tutta l’Unione europea, 3.577.000 dei quali nell’area Euro. Adesso l’accordo dovrà ora essere approvato dal Consiglio nel suo insieme il 16 dicembre, per permettere al programma di entrare in vigore il primo gennaio 2014.

twitter @AlessioPisano

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