A Tampa aveva tutto: un lavoro prestigioso, la casa, gli amici, un futuro. Ma dopo tre anni trascorsi Oltreoceano, come ricercatore nella facoltà di Medicina alla University of South Florida, Raffaele Pilla ha deciso di tornare nella sua Benevento. Ad aspettarlo, un buon posto nella farmacia dell’Ospedale Fatebenefratelli e un contratto con l’università di Salerno e l’Istituto Mondino per le Patologie Neurologiche di Pavia. Una scelta che, oggi, questo cervello 32enne “in fuga” dagli Stati Uniti non rimpiange. “L’ho fatto per due motivi”, spiega. “Il primo è che ho pensato fosse un’occasione unica per tornare dove sono nato, visto che in Italia, purtroppo, contrariamente a quanto accade negli Usa, passa un solo treno nella vita. Il secondo è che volevo mettere a disposizione del mio popolo quello che ho imparato in America, per aiutare chi oggi in Italia soffre di malattie degenerative gravi”.

Sì, perché è proprio nei laboratori del Dipartimento di Fisiologia e Farmacologia Molecolare di Tampa che Pilla ha studiato e sperimentato la dieta chetogenica, basata sulla somministrazione di una quantità minima di carboidrati (a cui si sostituiscono proteine e certi grassi) ai malati di tumore, Alzheimer, Parkinson, Sla, epilessia e diabete. “Un approccio alternativo”, sottolinea Raffaele, “al quale da tempo i pazienti americani vengono sottoposti, con benefici enormi”. E in Italia? Qui non viene applicata. “Così, quando mi hanno chiamato dal Fatebenefratelli di Benevento per offrirmi un contratto in farmacia ho pensato che avrei potuto continuare la sperimentazione in Italia, ma soprattutto seguire i malati con questa dieta”.

Una decisione maturata non senza perplessità, e arrivata all’inizio del 2013, alla scadenza dei tre anni di contratto con l’università americana, proprio quando per lui si prospettava una carriera accademica brillante negli States. “Mi avevano proposto un altro contratto di tre anni. Certo, là stavo bene, non mi mancava niente e non avevo nostalgia”, puntualizza il ricercatore campano. Al quale, le esperienze all’estero, Tampa esclusa, non sono mancate. “Mentre studiavo Farmacia a Chieti, ho fatto l’Erasmus a Reims, in Francia. Dopo la laurea, durante il dottorato in Fisiologia, ho lavorato anche a Parigi”. Ma il salto vero è arrivato quando ha conosciuto due professori della University of South Florida, venuti in Italia per due seminari. Incuriositi dalle sue numerose pubblicazioni, al termine del dottorato di ricerca gli hanno offerto un contratto di post-doc a Tampa: un salto professionale a lungo desiderato, che in tre anni gli ha fatto comprendere in pieno il valore della ricerca, e quanto in Italia sia sottovalutata.

“Negli States è alla base di tutto. Le persone comuni capiscono che se non ci fosse stata e non ci fosse oggi la sperimentazione scientifica non ci sarebbe lo smartphone, Internet, le terapie antitumore né, banalmente, il materasso ortopedico. Negli Stati Uniti, si sa bene che la ricerca può produrre effetti anche dopo 20 anni, però s’investe tanto perché i vantaggi per il benessere collettivo e l’economia sono enormi”. Consapevolezza che manca in Italia, dove per la politica e parte della popolazione la ricerca sembra non aver valore. “Da noi non si investe per una ragione semplice: la gente non guarda come sarà il mondo tra vent’anni, perché è abituata a ricevere promesse su come sarà l’Italia tra una settimana. Quindi, destinare finanziamenti alla ricerca scientifica, che nella maggior parte dei casi non produce effetti immediati, viene considerato superfluo dalla politica e dalle persone comuni”. Ma questa è l’Italia. E questo è il Paese in cui Pilla, ad aprile 2013, ha deciso di tornare. “Certo, se qui le cose dovessero andare male, non ci penserei due volte: farei le valigie e tornerei in America”.

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