I protagonisti, come nella trama di un film, sono un alto prelato abruzzese (nel ruolo della vittima), quattro loschi figuri sudamericani ed una insospettabile commercialista barese (nel ruolo dei ‘soliti ignoti’). A capo dell’organizzazione un trader abruzzese, S.A.E, 43enne dal passato poco chiaro, con in mente un piano ambiziosissimo: truffare lo Ior, l’Istituto di Opere Religiose del Vaticano, ed alcune banche svizzere per 900 milioni di dollari, piazzando titoli di stato di paesi esteri (Argentina, Messico), fuori dal corso legale e, quindi, di valore reale pari allo zero.

Per questa vicenda sette persone sono accusate dalla procura della Repubblica di Pescara (pm Gennaro Varone) di associazione per delinquere finalizzate alla truffa. I raggiri congegnati dal gruppo criminale – che si avvaleva anche della consulenza di professionisti, perizie bollate e lettere di istituti bancari transnazionali – sono sfumati per una pura coincidenza e grazie all’intuito di un poliziotto. Gli agenti della Squadra Mobile di Pescara, infatti, stavano indagando su una banale frode finanziaria quando, nello studio di un notaio, si sono trovati faccia a faccia con una persona nota, sotto il braccio un plico di documenti misteriosi. Si è deciso di approfondire e, una volta ottenute le autorizzazioni dal giudice, si è scoperta una lettera, datata 23 marzo 2010, in cui l’ex Arcivescovo Francesco Cuccarese informava l’allora presidente ed il direttore dello Ior, Ettore Gotti Tedeschi, non indagati nella vicenda, che alcuni amici benefattori avevano donato 45 milioni di dollari alla fondazione benefica Ivec (In Veritate e Charitate). La cospicua somma – venti titoli messicani della Deuda bancaria Publica de la Tesoreria de la Federacion Mexicana, emessi nel 1930 – era il frutto di una misteriosa eredità ricevuta dal munifico V.G.F, un 53enne di Città del Messico.

La somma, poi, sarebbe stata utilizzata dalla Fondazione come garanzia per ottenere un finanziamento per dar vita ad opere umanitarie, tra cui la costruzione di un ospedale pediatrico in Palestina. Sempre nella lettera l’alto prelato chiedeva allo Ior di poterli depositare su un conto da aprire per l’occasione, a garanzia di un finanziamento in favore della fondazione da lui stesso presieduta. Durante le indagini si è appurato che il gruppo italosudamericano, spacciandosi per professionisti, aveva tentato di realizzare altre truffe coi titoli di stato dall’apparenza milionari ai danni di importanti istituti di credito internazionali in Svizzera e Messico. “Il meccanismo truffaldino – spiega il vice questore Pierfrancesco Muriana – era basato sui Private Placement Program, uno schema finanziario ad alto rendimento dietro il quale, spesso, si nascondono truffe come lo Schema di Ponzi. Solo un navigato scripofilo (così si chiamano gli esperti del settore) avrebbe potuto capire che si trattava di titoli storici ormai fuori corso legale”.

Nelle disponibilità dei truffatori titoli di stato esteri cosiddetti ‘Pink Lady’, risalenti al 1989, ‘Napoleon’ (1913) ed altri valori statali di Russia, Argentina e Messico. Al momento risultano soltanto due i casi di truffe riuscite in Abruzzo. Si tratta di due persone che, allettate dalla prospettiva di facili guadagni, sono state indotte da S.A.E. a consegnare soldi, nella convinzione di poter partecipare ad un investimento redditizio. Soldi che, ovviamente, si sono volatilizzati.

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