Il Presidente egiziano ad interim, Adly Mansour, ha promulgato ieri una nuova legge che impone regole molto restrittive sulle manifestazioni pubbliche. Diverse associazioni e partiti affermano, infatti, che questa legge limiterà fortemente le libertà politiche del popolo egiziano.

La legge obbliga i manifestanti a chiedere sette permessi separati per poter scendere in piazza, oltre ad imporre il divieto assoluto per i sit-in notturni, che fu una importante modalità di lotta durante le proteste di piazza Tahrir all’inizio del 2011. Per ricorrere contro eventuali domande respinte, gli attivisti dovranno rivolgersi, d’ora in poi, al tribunale. Diversi avvocati egiziani sostengono che la norma è costruita in modo tale da rendere impossibile la prova giuridica della violazione del diritto di manifestare. L’ultima parola, insomma, se autorizzare o meno una manifestazione, spetterà alla polizia 

La legge appena promulgata non è però molto diversa da quella che intendeva approvare Mohamed Morsi alcuni mesi fa e che poi decise di accantonare. Il disegno di legge di Morsi prevedeva l’obbligo di cinque autorizzazioni invece che sette, ma le sanzioni erano più pesanti.  

Dunque, le norme repressive e restrittive della legge appena approvata non sono proprio un fulmine a ciel sereno. Esse sono state oggetto di acceso dibattito negli ultimi mesi; molti attivisti, associazioni, partiti politici e sindacati – che vedono in questa legge un ritorno alla dittatura di Mubarak – hanno denunciato con forza il carattere repressivo sia del disegno di Morsi che dei militari. Almeno diciannove gruppi per i diritti hanno firmato una dichiarazione congiunta la scorsa settimana con cui si condannava il disegno di legge mentre era ancora in fase di discussione.

Human Rights Watch ha dichiarato che la legge “potrebbe effettivamente dare carta bianca alla polizia di vietare ogni protesta in Egitto”. HRW ha aggiunto che la legge “potrebbe seriamente limitare la libertà di riunione dei partiti politici e gruppi non governativi” ed è anche “un importante indicatore dello spazio politico che il nuovo governo intende consentire in Egitto”. 

La legge interesserà, da subito, i sostenitori pro-Morsi, che continuano a manifestare quasi quotidianamente in molte città egiziane, dal giorno dell’allontanamento di Morsi nel mese di luglio 2013. Il vero obiettivo però della legge liberticida è quello di impedire, ad ogni costo, la diffusione delle nuove proteste e delle nuove manifestazioni di coloro che tornano, sempre più numerosi, a chiedere nelle piazze e nei luoghi di lavoro la realizzazione degli obiettivi della sollevazione del 2011: “pane, libertà, giustizia sociale”. Si cerca cioè di impedire che si creino quelle condizioni che portarono alla cacciata di ben due presidenti egiziani nell’arco di due anni e mezzo: di Hosni Mubarak prima e di Mohamed Morsi poi. Si vuole impedire la terza onda d’urto del processo rivoluzionario in Egitto, che è ancora vivo. E’ proprio l’approvazione di questa legge a darne una prova tangibile.

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