Il Pdl ci riprova. A quasi 4 mesi dalla condanna definitiva a 4 anni per frode fiscale secondo il centrodestra – sia pure spacchettato – bisogna rinviare il voto sulla decadenza da senatore di Silvio Berlusconi. Il nodo della questione è ancora una volta la presunta irregolarità dell’espressione del parere della Giunta per le elezioni a causa – a detta dei senatori di Forza Italia, Nuovo Centrodestra, Lega Nord e Grandi autonomie e libertà – dei post sui social network pubblicati da alcuni senatori dei Cinque Stelle durante la camera di consiglio. Segnatamente i berlusconiani (diversamente e non) hanno puntato il dito contro Vito Crimi. Per tutti questi motivi, dunque, è stato chiesto – di nuovo – di convocare il consiglio di presidenza del Senato.

Tuttavia la questione era già stata superata quando il presidente Piero Grasso aveva spiegato che il caso era chiuso e anche fosse aperto non era quella – il consiglio di presidenza – la sede. Per giunta per Crimi è già stato avviato l’iter per eventuali sanzioni. Insomma: si vota il 27 novembre e buonanotte. Ma i senatori del centrodestra fanno orecchie da mercante: “Non si potrà votare – dice Maria Elisabetta Alberti Casellati – se prima non c’è una pronuncia sulla regolarità dei lavori della giunta delle elezioni che ha deciso quella data”. Se nelle settimane precedenti i toni erano stati da assalto alla diligenza (“E’ di parte” disse Renato Brunetta) questa volta sembrano più concilianti: i senatori di Forza Italia fanno appello alla “saggezza” di Grasso. Oltre alla Alberti Casellati la lettera è stata firmata dagli altri componenti del consiglio di presidenza Maurizio Gasparri, Alessandra Mussolini e Lucio Malan ma anche da Antonio Gentile (Nuovo Centrodestra), Lucio Barani (Gal) e i leghisti Roberto Calderoli e Giacomo Stucchi. “Questa irregolarità – afferma Mussolini – deve essere assolutamente chiarita. Altrimenti chiediamo che non si svolga la seduta del 27 novembre”. E se Grasso dovesse negare un ulteriore approfondimento? “Crediamo – risponde Casellati – nella saggezza del presidente Grasso. Non credo che di fronte a un’istanza formale, votata da metà dell’ufficio di presidenza possa sottrarsi alla prosecuzione di un lavoro interrotto per la mancanza del numero legale”. E a far mancare il numero legale – a inizio novembre – furono proprio gli esponenti del centrodestra. La Alberti Casellati  ha ricordato che nella Giunta delle elezioni “a noi componenti era inibito persino l’uso del telefono” ma altri componenti (non solo il grillino Vito Crimi) , effettuando comunicazioni via internet, hanno violato il principio di segretezza che vige “a tutela della terzietà dell’organismo”.

Dal Pd arriva quasi in tempo reale la replica: “Di fronte alle ripetute richieste di Fi al presidente Grasso – dichiara il senatore del Pd Luciano Pizzetti, componente dell’ufficio di presidenza – ribadiamo che non c’è stata alcuna irregolarità nei lavori della Giunta e, dunque, nessuna necessità di riconvocare il consiglio di presidenza del Senato. La vicenda è già chiarita ed è inutile che esponenti di Forza Italia continuino a cercare, con ogni pretesto, di rinviare il voto sulla decadenza di Berlusconi per dimostrare in questo modo lealtà al leader”.

Ma l’iniziativa di oggi degli 8 senatori di centrodestra potrebbe essere solo un assaggio dell’offensiva che potrebbe essere portata da qui al 27 novembre. In queste ore – racconta per esempio l’Adnkronos – sono in corso contatti, telefonate e consultazioni, in particolare tra i senatori Pdl (attuali e ex), ma anche con i colleghi del Carroccio, per studiare le possibili mosse. Allo studio sarebbero 3 o 4 idee-cardine su cui lavorare per presentare in Aula uno o più documenti volti a ribaltare l’esito della Giunta del regolamento sul voto palese. Gli appigli del regolamento del Senato sono numerosi, in particolare l’articolo 113 che prescrive il voto segreto nei casi in cui sono chiamati in causa diritti previsti da articoli della Costituzione (tema già emerso un mese fa), non ultimo quello sul giudice naturale precostituito per legge, che a Silvio Berlusconi sarebbe stato negato perché a giudicare è stata la sezione feriale della Costituzione. Tutta una serie di questioni, comunque, che potrebbero inevitabilmente richiedere approfondimenti e ritardare, così, il momento del verdetto dell’Aula. 

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