La Procura di Bologna ha aperto un’indagine nei confronti del professor Sergio Acampora, responsabile, secondo l’accusa, di aver impiantato alla colonna vertebrale di numerosi pazienti “fissatori interspinosi” (in pratica protesi) risultati poi difettosi. Il materiale sanitario sotto inchiesta è peraltro prodotto dalla Nitillium Research “di cui è amministratore unico la moglie e di cui risultano soci e azionisti i figli” dello stesso Acampora. Il sostituto procuratore Laura Sola, che indaga sulla vicenda, ha anche chiesto il sequestro preventivo delle protesi, ma l’istanza è stata bocciata dal gip che non ha ritenuto necessario il sequestro. Acampora è accusato di lesioni personali e colpose, commercio e somministrazione di medicinali guasti e omessa comunicazione alle autorità competenti.

Secondo la Procura molte delle protesi impiantate da Acampora si sono rotte. “Decine e decine di pazienti – spiega l’avvocato Ezio Bonanni che tutela una cinquantina di persone che hanno fatto causa per risarcimento danni – si sono rivolti al professor Acampora, il quale ha consigliato loro, in riferimento alle singole e distinte patologie, di impiantare dei dispositivi interspinosi nella loro colonna vertebrale, proponendo di eseguire lui stesso le operazioni chirurgiche nella clinica privata accreditata Villa Erbosa”. Il perito della Procura ha confermato la sussistenza di una colpa medica.

Le operazioni eseguite da Acampora “non solo non sono state risolutive delle patologie lombari lamentate – si legge nella richiesta di sequestro – ma hanno determinato la persistenza o addirittura l’aggravamento della patologia stessa. In molti casi poi si è determinata la rottura e/o deformazione del fissatore stesso, tant’è che alcuni pazienti sono stati operati più volte ma sempre con l’inserimento del medesimo dispositivo”. “In molti casi – spiega Bonanni – secondo il medico legale della Procura di Bologna non era necessario apporre le protesi. Acampora ha disposto di intervenire in modo invasivo, applicando delle protesi che erano e sono destinate a rompersi o a deformarsi, in percentuale superiore al 50%, come valutato dalla procura. Per alcuni pazienti rimasti con le protesi rotte nella loro colonna vertebrale, la Asl di Latina ha certificato la impossibilità di poterli curare. Non sanno come uscire da questa situazione”. Acampora è anche accusato, a seguito della constatazione del fallimento degli interventi effettuati, di non aver segnalato al ministero della Salute o alla Direzione sanitaria competente tale circostanza ma “con pervicacia e superficialità – si legge nella richiesta di sequestro della Procura – se non con una consapevole mancanza di scrupoli, ha continuato ad applicare i suddetti dispositivi che immancabilmente si rompevano o deformavano”.

Aspetto sottolineato anche nella relazione del medico legale della Procura di Bologna: “Il professor Acampora una volta rilevata la rottura dei dispositivi, li asporta senza le dovute segnalazioni e continua ad impiantare gli stessi dispositivi non curante delle rotture che via via si manifestano. Il numero delle rotture di detti dispositivi è decisamente troppo elevato e questo avrebbe dovuto indurre il chirurgo ad astenersi ad impiantare dispositivi che si rompevano con una certa facilità”.

“La mia vita è stata stravolta – racconta Lino Guerrieri, uno dei pazienti che ora risulta tra le parti offese e ha costituito l’Armi, Associazione responsabilità medica italiana – Non riesco a stare disteso, a dormire, men che meno a lavorare. Ora vivo con la pensione di invalidità, ho dolori violentissimi e una vita impossibile. Le protesi che mi sono state impiantate nella colonna vertebrale sono ora frantumate. Il tutto, tra l’altro, è stato fatto a carico del Sistema sanitario nazionale”. Come lui decine e decine di persone chiedono ora verità e giustizia.

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