Sono state condannate a 4 mesi e un giorno di prigione (“prison ferme”) per reato contro il buon costume le due ragazze francesi e la ragazza tedesca delle Femen che il 29 maggio scorso avevano manifestato a seno nudo davanti al tribunale di Tunisi per la libertà di Amina, la Femen tunisina. E mentre Amina , senza che si fosse spogliata, è in carcerazione preventiva dal 19 maggio – da quando è stata fermata a Kairouan dopo aver scritto la parola Femen su un muretto – a Tunisi si è già arrivati a sentenza sulle tre Femen che la maglietta in pubblico se la son tolta davvero.

La sentenza è arrivata al termine di un dibattimento di una sola giornata, ma che ha avuto accenti intensi e vivaci, perché sono state ascoltate le militanti europee e i loro difensori, ma anche alcuni avvocati islamisti integralisti delle associazioni che avevano chiesto di costituirsi parte civile. Così si sono sentiti proverbi arabi quali “una donna libera preferisce fare la fame che sfamarsi grazie ai propri seni” oppure più sobri richiami al fatto che “è l’Islam che onora la donna e le offre la libertà, non il fatto di svestirsi”. Le richieste più forti degli avvocati integralisti, come quella di contemplare l’attentato alla sicurezza dello Stato, sono state comunque accantonate.

Marguerite, Pauline e Josephine si sono presentate, come è prassi per le donne nei processi tunisini, col capo coperto di un foulard bianco. Ma non hanno fatto un solo passo indietro nelle loro dichiarazioni. Hanno spiegato pazientemente che non volevano “creare eccitazione sessuale” ma svolgere un’azione militante e alla domanda se promettevano di non farlo più hanno risposto in termini generali che “utilizziamo ogni opportunità per esprimere le nostre posizioni politiche”. Per il momento non si parla di scarcerazione, non scatta un meccanismo analogo a quello della nostra libertà condizionale. Le tre Femen sono state difese in aula da avvocati tunisini – il collegio di difesa coincide in gran parte con quello di Amina – ma hanno anche un collegio di avvocati francesi che hanno promesso di tornare in Tunisia per mantenere alta l’attenzione internazionale e seguire l’appello.

La leader delle Femen Inna Shevchenko ha subito dichiarato che continueranno a prendersela con la Tunisia. Del resto nella mattinata di questo 12 giugno del processo alcune Femen hanno manifestato a seno nude per le loro compagne detenute in Tunisia, a Bruxelles, Madrid e Stoccolma. E così il più mite dei Paesi arabi, l’avamposto delle rivoluzioni democratiche del 2011, si trova sempre più invischiato contro voglia in quella che molti media hanno ironicamente battezzato “topless jihad”.

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