mayday2013Tra poche ore a Milano partirà la XIII edizione della MayDay, il primo maggio del precariato metropolitano, che quest’anno scenderà in piazza con lo slogan: “Per tutte e tutti una sola grande opera: Reddito!”

In questi anni la politica economica improntata sulla realizzazione di grandi opere e di grandi eventi è stata l’asse portante delle scelte di governo, con lo scopo di aumentare l’occupazione e rigenerare un’economia in difficoltà. I risultati sono stati fallimentari: un Pil dal 2007 ad oggi a -7%, un milione di posti di lavoro in meno, il 91% di procedimenti fallimentari in più e un reddito pro capite ai livelli del 1993-94. E questo senza contare i dati sul debito e sul deficit.

Il nascente governo Letta non sembra avere ricette nuove da questo punto di vista: debito, precarietà sul lavoro e nella vita e cemento come unico strumento per far ripartire l’economia. Perciò, a 2 anni dal 1° maggio 2015, inizia un percorso che vuole rimettere in gioco quel sistema produttivo che individua nello spettacolo di Expo2105 l’ennesima possibilità di speculare. L’Expo non sarà un’opportunità di rilancio per il territorio metrolombardo, al contrario sarà debito, cemento e precarizzazione: tre piaghe che incideranno ben oltre la dimensione dell’evento stesso. Il debito, degli enti locali come dello Stato, è oggi vincolante quando si parla di finanziare la spesa sociale, ma non è tale quando si tratta di spendere centinaia di milioni di euro per opere inutili o addirittura dannose per il territorio. Cemento significa, oltre all’ennesima esplosione immobiliarista, tre mostri d’asfalto quali Tem, Pedemontana e Brebemi: tre nuove autostrade a invadere i terreni agricoli che dovrebbero servire a “Nutrire il Pianeta” (ipocrita tema di Expo2015).

I “grandi eventi” sono poi incredibili acceleratori di precarizzazione con il loro bagaglio di lavoro nero e caporalato, ma anche con le variegate forme di sfruttamento della filiera della produzione immateriale. La precarizzazione si estende inoltre dal lavoro alla vita intera, attraverso la ristrutturazione e la messa a rendita dei territori della metropoli con effetti nefasti sul diritto all’abitare, alla salute, alla mobilità e alla socialità.

Altro che grandi opere e grandi eventi, in Italia oggi più di ogni altra cosa, serve un reddito di base incondizionato, come misura concreta di intervento contro la precarietà e nella precarietà, per rompere la gabbia del ricatto e del bisogno. Un reddito di base incondizionato, sganciato dal lavoro, che vada oltre i cosiddetti ammortizzatori sociali: non è una richiesta di sostegno, ma l’affermazione di un cambio di paradigma che coinvolge il modo di produrre e l’intera organizzazione della società. Il primo maggio 2013 sarà quindi una Mayday nuova, un nuovo inizio dentro e contro la nuova fabbrica della disuguaglianza che semina nocività e distribuisce solo le briciole.

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