Il segreto di Stato spetta alla Presidenza del Consiglio. La Corte Costituziona le ha depositato le motivazioni con cui, il 26 marzo, aveva dichiarato ammissibile il conflitto di attribuzione tra poteri sollevato dal governo nei confronti di Cassazione e Corte d’appello di Milano sulla vicenda Abu Omar. Lo scorso 12 febbraio i giudici di appello di Milano hanno condannato gli ex vertici Sismi.

In particolare, sotto il profilo oggettivo la Consulta spiega che i motivi per cui il ricorso è stato ammesso riguardano il fatto che il ricorrente, ossia il governo, ha lamentato “la lesione di attribuzioni costituzionalmente garantite, essendo devoluta alla responsabilità del Presidente del Consiglio dei ministri, sotto il controllo del Parlamento, la tutela del segreto di Stato quale strumento destinato alla salvaguardia della sicurezza dello Stato medesimo”. In altre parole, dal punto di vista della materia su cui si è aperto il conflitto, ovvero il segreto di stato e la sua eventuale violazione, il Presidente del Consiglio è titolato a sollevare conflitto perché questa responsabilità fa capo a lui, sebbene sotto il controllo delle Camere. Dal punto di vista soggettivo, tutti i soggetti interessati dal conflitto sono riconosciuti quali poteri dello Stato e anche in questo senso la Consulta ha dato il via libera.

L’ammissibilità del conflitto è solo un primo nulla osta tecnico della Corte, che poi dovrà pronunciarsi nel merito e anche in questa seconda fare potrebbe rilevare elementi di inammissibilità. Nel ricordare le motivazione del ricorrente, l’ordinanza riporta una delle posizione su cui è imperniato il ricorso del governo, in particolare riguardo alla Cassazione e alla precedente pronuncia della Consulta sul caso Abu Omar legata ai conflitti già sollevati negli anni scorsi sul segreto di Stato. “La Corte di Cassazione – lamenta il governo – avrebbe stravolto il significato della pronuncia della Corte costituzionale, nel ritenere che, essendo stata formulata opposizione del segreto soltanto in un momento successivo alla acquisizione dei documenti da parte della autorità giudiziaria, gli atti stessi, in quanto legittimamente acquisiti, non sarebbero inutilizzabili, ma comporterebbero l’uso di cautele atte ad impedire la divulgazione del segreto”.

“Al contrario – è sempre la posizione del governo riportata nell’ordinanza -, pur avendo la Corte costituzionale, nella richiamata sentenza, negato che la opposizione del segreto successiva alla acquisizione documentale potesse assumere portata ‘demolitoria ex tunc’ (retroattivamente, ndr) della pregressa attività di indagine, essa ha tuttavia sottolineato come la opposizione stessa non fosse una evenienza processualmente indifferente: tanto che dichiarò che non spettava alla autorità giudiziaria procedente porre i documenti non ‘omissatì a fondamento della richiesta di rinvio a giudizio e del decreto che dispone il giudizio”.

La grazia concessa dal Presidente della Repubblica al colonnello Joseph Romano, condannato per la vicenda Abu Omar, non avrà riflessi sull’esame da parte della Corte Costituzionale del conflitto d’attribuzione sollevato dal governo nei confronti di Cassazione e corte d’appello di Milano e relativa alla vicenda dell’imam rapito. “La grazia – ha spiegato il presidente della Consulta, Franco Gallo, rispondendo ai giornalisti. – è un atto tipico presidenziale, mentre alla Corte si chiede di decidere sul segreto di stato in relazione all’attività degli agenti dei servizi e della Cia: dobbiamo cioè valutare se il segreto di stato è stato rispettato o meno e non dobbiamo tener conto del provvedimento di grazia: quello attiene unicamente al presidente, ne prendiamo atto come tutti i cittadini”.

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