Un nuovo filone di inchiesta sul terremoto del maggio 2012 in Emilia è stato aperto dalla Procura di Modena e riguarda le dichiarazioni degli esperti che negli anni precedenti le devastanti scosse hanno parlato del rischio sismico della zona. Tra le dichiarazioni acquisite dai magistrati ci sono anche quelle pronunciate dal professor Enzo Boschi in un incontro del giugno 2008 in cui si parlava del progetto per lo stoccaggio di gas a Rivara: ”E quindi sappiamo dire con precisione che la Val Padana non è a elevato rischio sismico”, disse proprio nella cittadina di Mirandola lo scienziato allora a capo dell’Ingv, l’Istituto nazionale di geologia e vulcanologia.

Le dichiarazioni del professore, richiamate in causa dopo le tragiche scosse del 20 e 29 maggio 2012, avevano fatto molto discutere su quanto i danni del terremoto in Emilia fossero evitabili. Ora sono addirittura finite nel fascicolo dei pm. ”Non era una riunione sui terremoti, ma si parlava esclusivamente della  possibilità di fare un deposito del gas a Rivara. Non si può prendere un pezzetto di un lungo discorso e utilizzarlo contro di me”, spiega Boschi al Fatto quotidiano. L’ex presidente Ingv a ottobre 2012 è stato condannato in primo grado a sei anni di reclusione per omicidio colposo plurimo, disastro e lesioni gravi insieme con gli altri sei membri della Commissione grandi rischi, con l’accusa di non avere allertato la popolazione in occasione del terremoto dell’Aquila nell’aprile 2009. ”Io non posso andare avanti così: ogni volta che succede un terremoto se la prendono con me”, si sfoga lo scienziato che a Modena non è indagato.

Boschi, che in quel lontano 2008 partecipò a un convegno organizzato dal senatore Pdl Carlo Giovanardi, uno dei principali sostenitori del progetto ora archiviato del deposito di gas, non si rimangia tuttavia quelle parole: ”L’Emilia non è ad altissimo rischio sismico come l’Abruzzo, la Calabria, la Sicilia. Si possono avere terremoti di 5 o 6 gradi della scala Richter al massimo ed è ben noto. L’attività sismica dell’Italia è estremamente ben definita dalla nostra mappa pubblicata nel 2003 sulla Gazzetta ufficiale. In quello studio che io ho guidato è indicata con grande precisione la pericolosità di ogni sito in Italia”.

Per Boschi insomma quelle parole dette a Mirandola non erano tese a tranquillizzare, ma a fotografare una situazione già rilevata dalle mappe: ”Il sisma di maggio non ha raggiunto magnitudo 6. I capannoni sono crollati perché erano messi su con uno sputo”, spiega Boschi che poi spiega la differenza tra l’Emilia e altre zone d’Italia: ”Per fare un terremoto di magnitudo 7 ci vogliono 33 terremoti di magnitudo 6 ”.

Nella valle padana tanto la pericolosità quanto il rischio rimangono non elevati anche dopo gli episodi del 2012, è il ragionamento di Boschi. ”La pericolosità, che è la probabilità di avere un certo terremoto oltre una certa magnitudo in un certo numero di anni, è medio-bassa. Il rischio – prosegue il geofisico – dipende dalla qualità degli edifici: si era sempre sentito dire che in Emilia fossero tutti di alto livello. Quindi si immaginava che il rischio fosse basso, ma non è stato così alla prova sperimentale. Ma io non mi occupo di edifici”, ribadisce Boschi.

Altri due sono i filoni di indagine della Procura di Modena: uno è incentrato sulle morti per le scosse del 29 maggio 2012 e sui danni delle scosse del 20 maggio (per gli operai rimasti uccisi quel giorno è Ferrara a indagare), l’altro si occupa dell’eventuale rapporto tra le scosse il fracking, la frantumazione nel sottosuolo delle rocce per ricavare idrocarburi.

 

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