Anche Mario Monti ha la sua bad company. Come nel caso del Pdl con Grande Sud, il professore dovrà fare i conti con alcuni impresentabili in lista alle imminenti elezioni: glieli porta in dote Pierferdinando Casini con il Maie, Movimento associativo italiani all’estero, il partito dell’onorevole Riccardo Merlo, parlamentare e responsabile Italiani nel mondo dell’Udc. Così, nella corsa per assicurarsi uno scranno nella “legione straniera”, 12 deputati e sei senatori eletti nella circoscrizione estero, al fianco di Fucsia, ex miss Italia Usa, c’è gente che ha fatto parlare di sé per indagini su brogli elettorali, riciclaggio e rapporti con la ‘ndrangheta. Con una passione missina incarnata dal ricordo di Mirko Tremaglia, ministro repubblichino ed estensore della legge sul voto degli italiani all’estero. Mica male per il centro moderato di Monti e Casini.

Come ha fatto sapere lo stesso Merlo, il Maie presenta il suo simbolo solo nelle ripartizioni Europa e America Latina, mentre nelle altre due mega-aree geografiche (Centro-Nord America e Africa-Oceania) i suoi esponenti sono in lizza direttamente con il movimento del premier dimissionario.

Ed è in quelle due macroregioni che si nascondono i personaggi più discussi. In Europa ad esempio troviamo Gian Luigi Ferretti, già segretario di Tremaglia e coordinatore del Comitato tricolore italiani nel mondo (Ctim), organismo dell’ex Movimento sociale italiano. Fin qui, si fa per dire, tutto bene, ma Ferretti, come ricorda Luciano Neri, responsabile della Consulta italiani del mondo del Pd, è anche uno dei fondatori de L’Italiano, “quotidiano di estrema destra nella cui gestione figura il neofascista Stefano Andrini, noto per aver maturato una condanna a 4 anni e mezzo per tentato omicidio di due giovani di sinistra e per essere finito, grazie all’amico Gianni Alemanno, ai vertiti dell’Ama servizi“, la società capitolina per la gestione dei rifiuti.

Secondo un’inchiesta della procura di Roma, i due personaggi sono il “motore” dell’elezione di Nicola Di Girolamo, senatore Pdl eletto nella circoscrizione estero nel 2008 e condannato nel 2011 a cinque anni per riciclaggio e violazione della legge elettorale. Come si legge sull’ordinanza, Andrini e Ferretti, assieme al ben più famoso Gennaro Mokbel, sono gli istigatori “dell’attentato ai diritti politici dei cittadini”, dove Di Girolamo figura come semplice “esecutore materiale”. Scrive il gip: “Tutto il gruppo Mokbel è impegnato a rendere possibile quella candidatura”. Come? Prima – secondo l’inchiesta – taroccando la residenza del senatore, in modo da far risultare che abitasse in Belgio e poi, con l’aiuto dei clan calabresi, indirizzando sul suo nome un pacchetto di voti falsi.

Se ci spostiamo a latitudini più calde, il risultato non cambia: Anche in America latina il verbo centrista della coalizione Monti-Casini è rappresentato dal Maie, che, “nel nome di Tremaglia” schiera due personaggi legati al faccendiere Aldo Miccichè, consigliere per gli affari sudamericani del clan Piromalli, catturato questa estate a Caracas dopo anni di latitanza. Lui è il dominus dei brogli elettorali in Venezuela durante la tornata del 2008: prima telefona al senatore Marcello Dell’Utri offrendo un pacchetto di 50mila schede bianche da “timbrare” con il simbolo del Pdl, poi, visto il vantaggio del centrosinistra (è pur sempre il paese di Ugo Chavez), si impossessa dei plichi già votati e, prima che vengano spediti a Roma per le operazioni di spoglio, pensa bene di bruciare tutto.

“I responsabili delle votazioni si tapperanno entrambi gli occhi”, dice Miccichè rassicurando il senatore della fattibilità del broglio: “Provvederò che presso ogni Consolato ci sia la nostra presenza segreta per i cosiddetti voti di ritorno”. In un’altra telefonata, il faccendiere illustra i suoi loschi piani al senatore Pdl Filippo Fani (quello che alla fine si complimenterà per la decisione di bruciare le schede) e fa due nomi: Nello Collevecchio e un certo Ugo (riconducibile a Ugo di Martino). Chi sono? I compagni di lista di Merlo, tutti insieme per rappresentare gli interessi degli italiani che vivono in Sud America.

Francesco Forgione, ex presidente della commissione Antimafia e candidato di Sel in Sicilia, dedica a Di Martino una ventina di pagine del suo ultimo libro ‘Porto Franco’: “E’ l’uomo che da Caracas vola a Roma per le pratiche che Micciché segue per il clan Piromalli”. Ed è sempre lui che il consigliere della ‘ndrangheta mette alle costole dell’allora presidente della Camera Fausto Bertinotti affinché, nel corso di una visita a Caracas, non abbia a interferire con i suoi affari. “Sono gli stessi protagonisti delle schede bruciate″, attacca Forgione che ricostruisce il recente passato di Di Martino: “Prima candidato di Mastella, poi di Berlusconi, adesso di Monti, evidentemente ha un pacchetto di voti da offrire sul mercato in maniera trasversale. E questo, conoscendo la gente che gli sta attorno, non è rassicurante”. Dal Perù, dove sta facendo campagna elettorale, il diretto interessato parla di “uso delinquenziale dell’informazione” invitando gli elettori a non credere a “storie senza consistenza”. Perché capita di incontrare persone sbagliate, ma “l’amicizia eventuale di un reo non produce correità”.

C’è da dire però che, almeno in Sud America, la coalizione centrista dovrà vedersela con altri pezzi da novanta, in lizza però con il centrodestra. E’ il caso dell’italo-argentino Esteban Caselli, senatore uscente del Pdl (definito dallo stesso Silvio Berlusconi “pericolosissimo”) che, dopo aver fondato assieme a Sergio De Gregorio e allo stesso Di Girolamo la Fondazione Italiani nel Mondo ha deciso di rompere con Silvio e di correre in solitaria con i suoi Italiani per la Libertà. E’ sua l’idea della candidatura della Morocha, avvenente valletta e sventola da calendario (qui la sua imitazione televisiva di un orgasmo che ha fatto il giro della Rete). Ethel Calabrò, così all’anagrafe, non parla neanche una parola d’italiano, “ma non fa niente. Votate per me se volete il Sudamerica in Italia”.

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