E se l’Eurogruppo diventasse un’onorevole uscita di scena per Mario Monti? Si sa, la caccia a un presidente per l’organismo, così importante in questi tempi di crisi dell’euro, è da tempo aperta. Parigi e Berlino stanno già litigando al riguardo. E, fra il ministro delle Finanze francesi Pierre Moscovici e il collega tedesco Wolfang Schaeuble, le due opzioni finora più gettonate, ci sarà forse bisogno di un terzo incomodo. Un mediatore, qualcuno che comprenda le esigenze dei Paesi del Sud Europa. Ma che conquisti anche la fiducia del Nord. L’attuale premier italiano?

Nella rosa dei possibili candidati, i media francesi (e non solo) in questi giorni quel nome e quel cognome ce lo inseriscono eccome, Mario Monti, nonostante il diretto interessato abbia negato a più riprese. E insieme si fa anche notare che il futuro presidente del’Eurogruppo, come ha sottolineato per ultima una portavoce del governo tedesco, “potrebbe essere un premier o un ministro delle Finanze non più in funzione”. Un ex, insomma. Come Monti dovrebbe ritrovarsi a breve. Anzi, con gli eventi delle ultime ore, breve potrebbe diventare brevissimo. E il nodo del’Eurogruppo deve essere sciolto entro la fine di gennaio.

Riepilogo delle puntate precedenti. Fino a pochi giorni fa tutti si aspettavano che Jean-Claude Juncker, primo ministro lussemburghese, politico navigato a livello europeo, sarebbe restato ancora per un po’ alla guida dell’Eurogruppo, il comitato ristretto dei ministri delle Finanze della zona euro. Rinnovato temporaneamente il suo mandato lo scorso luglio per appena sei mesi, il problema della successione era stato accantonato. Forse Juncker ci avrebbe ripensato, avrebbe accettato di prolungare. E invece no: lunedì scorso ha ricordato che lascerà il suo incarico “a fine anno o all’inizio del 2013”, inderogabilmente. Prima della fine di gennaio (al massimo) il nome del nuovo presidente deve quindi essere deciso.

E così è iniziata la girandola di nomi. I favoriti? Moscovici e Schaeuble, innanzitutto. Come dire, da una parte il francese, appoggiato anche dai Paesi del Sud, più flessibile e pragmatico nella gestione della crisi (e comprensivo nei confronti di chi ha grossi problemi di debito pubblico). E dall’altra il tedesco, braccio destro di Angela Merkel, paladino del rigore prima di tutto, che avrebbe anche l’appoggio di Paesi come la Finlandia e l’Olanda: i superstiti della tripla A, tanto per intendersi. Sullo sfondo, però, si profilano altri due personaggi, ancora alternativi, espressione dei due opposti schieramenti. Per i “rigoristi”, il premier finlandese (ed ex ministro delle Finanze) Jyrki Katainen

E per i “meridionali”, appunto, Monti. Riguardo a quest’ultima possibilità, proprio in questi giorni, in parallelo alle trattative sul dopo Juncker, è iniziato un dibattito sul ruolo e il profilo del presidente dell’Eurogruppo. Questo esiste dal 2005 e da allora Juncker ne è stato nominato alla guida a ripetizione. I trattati europei prevedono che la designazione avvenga da parte dei ministri delle Finanze dei 17 Paesi dell’euro su base maggioritaria, per un mandato di due anni e mezzo, rinnovabile. Juncker, oltre a essere primo ministro, è anche responsabile del dicastero delle Finanze del Granducato. Ma, appunto, ricoprire questo ruolo è condizione indispensabile per accedere alla presidenza dell’Eurogruppo?

No, i trattati non danno alcuna specifica. Anzi, dall’Austria è arrivata la richiesta che il successore di Juncker sia un premier o Capo di Stato, ma anche non più in carica. Per la Germania, lo abbiamo visto, potrebbe essere ancora un ex, primo ministro o ministro delle Finanze che sia. Il francese Moscovici ha addirittura lanciato l’idea di trasformare, se non nell’immediato, comunque in un futuro prossimo, il presidente dell’Eurogruppo in vero e proprio ministro delle Finanze della zona euro: ruolo da svolgere in maniera autonoma, senza essere in carica in uno dei Paesi della zona euro. E rispondendo anche all’Europarlamento, che dovrebbe pure convalidarne l’elezione, facendola finita con l’attuale tipo di nomina dall’alto.

In ogni caso, come ha specificato lo stesso Moscovici, “è importante che Francia e Germania siano d’accordo” sul nome del successore di Juncker. Sì, da lì non si scappa, sono l’economia numero uno e due d’Europa alla fine ad avere l’ultima parola. Oggi Moscovici ha anche ammesso che “io non sono candidato e non farò campagna” alla tv Bmf tv. Al tempo stesso il suo entourage ha anche precisato che “non è candidato, ma solo per il momento”. Il ministro francese non ha accennato a un’altra possibilità sul tavolo, quella di un tandem tra di lui e il collega tedesco.

Come ha indicato il settimanale Der Spiegel, potrebbe iniziare Moscovici per quindici mesi e poi seguire a ruota Schaeuble per lo stesso periodo, perché il ministro tedesco dovrà affrontare con la cancelliera Merkel il difficile appuntamento elettorale tedesco nell’autunno 2013, il rinnovo del Bundestag. Ma a Moscovici si rinfaccia di non avere la “caratura” ad hoc per il ruolo in questione, la guida della cabina di regia della crisi dell’euro. Di recente il Financial Times, nella classifica dei ministri delle Finanze più influenti d’Europa, l’ha collocato al sedicesimo posto su 19. Schaeuble, invece, si è piazzato primo. E perfino Vittorio Grilli ha fatto meglio del francese conquistando l’ottava posizione. La “caratura”, invece, all’attuale premier italiano non manca. Si ritorna sempre a bomba… Quel nome e quel cognome, alla fine, vengono sempre fuori.

 

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