Al termine di quindici minuti scarsi – nel senso della durata, ma forse non solo – tra Fabio Volo e Daria Bignardi, è arrivata la scomunica. Martedì sera. Volo in diretta, Rai Tre, 7.4% di share. Programma piacevole, migliorato anche grazie ai testi di Luca Bottura. Il duetto Volo-Bignardi, già arcivisto a Le invasioni Barbariche, era stato sensibilmente catatonico.

Volo tracannava birre medie, un po’ Moccia e un po’ Fiorello, espressione furba e a suo modo sublime della classe cazzara che va in Paradiso. Dall’altra parte, le vocali come sempre allungate e le frasi para-buoniste dispensate al volgo, Daria Bignardi presentava L’acustica perfetta. Entusiasmo vivo su Twitter (esempio tra i tanti: “La chiamavano letteratura: Daria Bignardi parla del suo romanzo, ospitata da Fabio Volo. Non vi viene voglia di farvi di crack?”, così Federico Gnech). La scrittrice esalava saggezza: “Arno (protagonista del libro) cita suo padre Guelfo, che citava Tolstoj, che diceva ‘Chi è felice ha ragione’”; “Mi alzo alle 5 del mattiiiino, è belliiiiissimo”; “Sono nella stagione in cui sono quasi più me stessa”.

Giusto alla fine, Volo ha buttato là una provocazione: “Lo fonderesti un partito? Ti sentiresti di rappresentare i radical chic, quelli di Capalbio che leggono Il Fatto Quotidiano?”. Premesso che è complicato essere al tempo stesso “radical chic” e “giustizialisti” (o l’uno o l’altro: decidetevi), la risposta di Madamin Daria ha colpito per garbo feroce: “No, no, io non leggo Il Fatto”. Il diniego trasudava un – più che legittimo – disgusto.

Piacere a tutti non è possibile, né in certi casi un obiettivo inseguito. E i lettori non si scelgono. Daria Bignardi, radical chic a sua insaputa, è però inciampata in un complimento involontario verso questa testata. Il Fatto Quotidiano è nato – e gode di ottima salute – anche perché non voleva più farsi bastare certi salottini della sinistra-bene. Certi santoni, certi santini. Certi ecumenismi, certi tromboni. Certe professoresse piccolo borghesi. E certe Fabiole Fazie in diesis minore. Ci scuserà, la brava e simpatica Daria, se – a differenza di lei – continueremo a guardare le sue interviste quasi-cattive (e ormai non siamo rimasti in tanti a farlo).

E ci perdonerà se, del suo non gradimento très chic, ce ne faremo una ragione. I “giustizialisti grillini” sono così, a Capalbio come a Capocotta: il buffo broncio dei professionisti del conformismo democratico, oltre a metter loro buonumore, costituisce quasi una nota di merito.

Il Fatto Quotidiano, 29 novembre 2012

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