Il progetto del governo guidato da David Cameron di creare “tribunali segreti” riceve uno stop dalla camera alta del parlamento britannico, la House of Lords, che ieri ha approvato una serie di emendamenti che hanno letteralmente annacquato il disegno di legge. “Corti segrete”, appunto, completamente a porte chiuse e nelle quali neanche gli imputati, assistiti da avvocati “speciali” sarebbero a conoscenza di tutte le accuse loro rivolte. Questo vorrebbero un gruppo di ministri del governo di coalizione fra conservatori e liberaldemocratici, per poter trattare casi di interesse nazionale, relativi a estradizioni o a legami con la Cia americana, e tutti quei casi in cui agenti dell’MI5 e MI6, il complesso dei servizi segreti britannici, siano chiamati a testimoniare. Ma la House of Lords ha bloccato questo progetto, che da mesi costituisce lo spauracchio di associazioni per la giustizia “aperta” e per la difesa dei diritti civili. E soprattutto un emendamento, presentato da alcuni senatori liberaldemocratici, ha annacquato il tutto.

Così ora un giudice potrà e dovrà conciliare l’esigenza dell’interesse nazionale con quella della libera circolazione delle informazioni e della salvaguardia dell’opinione pubblica. Il disegno di legge, chiamato “Justice and Security Bill”, trova quindi un primo, importante stop alla sua vera realizzazione. Il ministro degli Esteri William Hague, in una lettera aperta a quotidiani e società civile, due settimane fa aveva scritto: “Non è vero che vogliamo creare tribunali segreti, saranno segrete solo quelle informazioni potenzialmente pericolose per la stabilità nazionale. I nostri partner internazionali e le agenzie di intelligence e di sicurezza, però, sono preoccupati per lo stato di salute del nostro sistema di giustizia e temono le cause civili che hanno portato il governo britannico a dover pagare milioni di sterline in risarcimenti. Quindi dobbiamo fare qualcosa in questo campo”.

Ma il proposito di una “giustizia segreta” aveva allarmato, negli scorsi mesi, associazioni per le libertà civili come Reprieve, Inquest e Liberty, ma anche gli avvocati “speciali” che avrebbero dovuto prendere parte a questi processi segreti. Lord Macdonald of River Glaven, una figura di spicco dei procuratori pubblici, aveva detto: “Questo progetto va contro la tradizione britannica della giustizia chiara, trasparente e aperta e potrebbe essere usato in numerosi casi per proteggere il governo da eventuali fonti di imbarazzo”. La scorsa estate, quando si stava delineando il progetto, un altro piano del governo spaventò le associazioni di reduci di guerra, uomini delle forze dell’ordine e loro parenti. Una frase della prima bozza pareva prevedere procedimenti segreti anche in caso di sparatorie che coinvolgessero la polizia, sempre per motivi di interesse nazionale.

La Royal British Legion, associazione di feriti in servizio, temeva che la legge avrebbe posto delle ombre sui processi per incidenti legati a fuoco amico o a carenza del necessario equipaggiamento. E anche la Army Families Federation, che riunisce le famiglie dei militari, aveva lanciato l’allarme: “La sicurezza dei nostri cari non può essere trattata in modo segreto”. Dopo qualche settimana di polemica, poi, la frase incriminata sparì dal disegno di legge, ma rimasero quei dubbi legati all’essenza stessa delle nuove, previste regole. Ora, appunto, dalla camera alta del parlamento una delusione per il governo Cameron, che con la legge voleva rassicurare soprattutto gli Stati Uniti, principale partner nella “lotta al terrore”. Secondo il quotidiano The Guardian, il totale dei processi a detenuti britannici che poi sono finiti a Guantanamo, procedimenti spesso condotti in semi-segretezza, è già costato ai contribuenti britannici 15 milioni di sterline, oltre 18 milioni di euro.

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