Vorrei fare il punto della situazione. I provvedimenti sulla sanità del governo Monti hanno messo in liquidazione il diritto alla salute. Essi sono lo sbocco brutale di politiche deboli e inadeguate dei governi precedenti rese inservibili dalle grandi contraddizioni innescatesi con la crisi. Si tratta di politiche che non hanno saputo cambiare quello che in questi trent’anni avremmo dovuto cambiare quindi, crisi a parte, sono l’effetto perverso di un debito nei confronti di un cambiamento epocale che la politica, la cultura ma la stessa sanità, non hanno mai pagato. Oggi è chiaro che quel debito non lo si vuole pagare, cioè è chiaro che anziché ripensare la sanità pubblica la si vuole demolire per diminuirne il più possibile la spesa.

Le leve principali che si stanno usando sono:
1) il definanziamento drastico del sistema;
2) la più ampia privatizzazione del sistema pubblico;
3) la tassazione dei cittadini malati.

Le Regioni tutte, senza eccezione, saranno costrette a dare sempre di meno e a prendere sempre di più. Un fronte riformatore si è sfasciato in parte perché spiazzato dai cambiamenti di questi anni, quindi senza un pensiero strategico di ricambio, in parte perché i partiti che contano si sono impelagati a vario titolo nel sostegno alle politiche antiwellfare del governo Monti. I due soggetti principali del sistema sanitario, i cittadini e gli operatori sono quanto meno frastornati, disorientati, ingannati da una propaganda che punta a minimizzare l’impatto di queste politiche sui loro diritti, sul loro lavoro, e sul loro stato di salute. Il principale titolare politico-istituzionale, vale a dire il Ministero della Salute, non esiste, avendo deciso di essere l’esecutore passivo dei dettami dell’economia. I sindacati e l’associazionismo cominciano a sentire odore di bruciato, ma sono tagliati fuori dalla concertazione e ognuno è preso inevitabilmente dai propri interessi prevalenti. Infine, bisogna ammetterlo, non c’è protesta sociale o almeno la protesta è frammentata in tanti interessi diversi e scoordinati. Nessuno fino ad ora, a parte i medici, ha dichiarato di voler scendere in piazza.

Una situazione difficile e complessa, ma non irreversibile come vorrebbero farci credere per convincerci a rassegnarci a un destino senza diritti. Non voglio perdere quei diritti per avere i quali, intere generazioni, quindi milioni di cittadini, hanno lottato per tutta la loro vita.

In questo blog ho iniziato criticando e denunciando le magagne della sanità, ma sono convinto che non basta. Un intero sistema politico-istituzionale fa orecchie da mercante. Dei miei libri, dei miei articoli, dei vostri commenti non sa che farsene. Rispetto alla “ragion di Stato” restiamo voci minoritarie.

Quindi mi chiedo come andare avanti. Nel 2013 si dovrà votare e molto probabilmente l’attuale quadro politico cambierà in qualche modo. Potrebbero aprirsi nuove possibilità rispetto alle quali serve un pensiero, cioè un’idea di cambiamento. Questa pensiero va costruito se possibile tutti insieme, cioè deve nascere da una partecipazione sociale. Penso che un blog non debba essere solo un confronto di opinioni, ma anche un mezzo interattivo attraverso il quale le opinioni costruiscono proposte. Vorrei che il mio blog servisse a far camminare un pensiero di cambiamento. A farmi venire questa voglia sono stati i vostri commenti, l’alto numero di contatti che abbiamo registrato a dimostrazione che esiste una vasta sensibilità sociale su questi temi. Alcuni di voi hanno sollecitato delle proposte. Giusto, ma le proposte hanno senso solo se dietro c’è un sogno, un ideale da condividere e se esiste almeno la possibilità di realizzarlo. Altrimenti le proposte restano opinioni e servono a poco.

Che ne dite? Vogliamo provarci? Mi darete una mano? Se ci state vorrei proporvi attraverso i prossimi post, delle idee, coinvolgere anche gli addetti ai lavori, cercare alleanze. E darci dentro il più possibile.

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