Ad Aleppo si combatte quartiere per quartiere
. I bombardamenti dell’aviazione siriana, documentati anche dalle immagini satellitari diffuse da Amnesty International, provocano distruzione.

L’Esercito libero siriano (Els) si difende, contrattacca e compie azioni vietate dal diritto umanitario, come l’uccisione di prigionieri. Gli scontri proseguono in altre parti del paese, come Homs, Deir Ezzor e la stessa capitale Damasco. L’Esercito libero siriano ha preso il controllo di alcune zone del nord, tra Aleppo e il confine con la Turchia, mentre parte di quello con l’Iraq è nelle mani dei curdi.

Nel paese si segnala la presenza di molti stranieri, tra cui jihadisti di altri paesi arabi e strani “pellegrini” iraniani. I rifugiati nei paesi confinanti sono oltre 150.000. In Italia, arrivano i primi profughi di guerra. Intanto a Damasco prosegue una repressione che, tra mappe degli scontri e conta delle vittime, passa inosservata sui mezzi d’informazione. 

Mazen Darwish, direttore del Centro siriano per la stampa e la libertà d’espressione, è prigioniero, nelle mani dei servizi segreti dell’Aeronautica, dal 16 febbraio. Quel giorno, la sede del Centro fu assaltata da uomini armati dei servizi che arrestarono lui, una decina di colleghi e alcuni visitatori.

La motivazione ufficiale degli arresti è che il Centro operasse senza autorizzazione ufficiale. In realtà, questo gruppo di attiviste e attivisti per la libertà di stampa era attivo già da tempo. Nelle prime fasi della rivolta, quando i giornalisti indipendenti non potevano entrare in Siria, ha avuto un ruolo importante nel raccontare cosa stava accadendo e nel denunciare le violazioni dei diritti umani.

Delle persone arrestate il 16 febbraio, due impiegate del Centro, Rita Dayoub e Maha Assabalani, e un visitatore, Shadi Yazbek, sono in libertà e non sono più sotto inchiesta. Hussein Gharir, Hani al-Zitani, Mansour al-Omari e Abd al-Rahman Hamada sono detenuti in qualche carcere segreto e di loro non si hanno notizie.

Nelle prigioni siriane, secondo l’elenco aggiornato da Amnesty International, sono morte oltre 470 persone, in molti casi come conseguenza diretta delle torture subite.

La moglie di Mazen Darwish, Yara Badr, sei loro colleghi (Sanaa Mohsen, Mayada Khalil, Razan Ghazzawi, Bassam Al-Ahmad, Joan Fersso e Ayham Ghazoul) e un visitatore del Centro, Hanadi Zahlout, sono attualmente a piede libero ma sotto processo in corte marziale. Del processo doveva far parte anche Mazen Darwish.

Dopo aver rifiutato per quasi sei mesi di fornire qualsiasi informazione sulla sua sorte, il 6 agosto i servizi di sicurezza dell’Aeronautica hanno comunicato al giudice della corte marziale che l’imputato non potrà presentarsi in aula, in quanto ne è stato disposto il trasferimento a un tribunale militare segreto.

Le procedure dei tribunali militari segreti sono sommarie: nessun avvocato difensore, nessun testimone, nessun appello. Mazen Darwish è un desaparecido. Le organizzazioni internazionali per i diritti umani e per la libertà di stampa continuano a seguire il suo caso e quello degli altri colleghi in detenzione segreta, chiedendo la loro scarcerazione immediata.

(Nella foto Lapresse una scuola distrutta nella città di Aleppo, Siria)

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