Quando il Comune di Palermo andrà a consolidare nel proprio i bilanci delle sue partecipate avrà un problema non da poco conto allo stato passivo: non sarà allora il caso di cercare di recuperare qualche credito magari sinora sottovalutato?

Palermo è stata ed è tuttora la sede “illegale”, la capitale di Cosa nostra: quanto è costato in termini di danni d’immagine, di danni morali e di ritardato sviluppo economico la presenza di questa organizzazione criminale? Non sarà giunto il momento di chiedere conto di questi danni e di pretendere un adeguato risarcimento?

Non potrebbe quindi l’amministrazione comunale iniziare una causa civile per ottenere un congruo indennizzo? Certo! Agendo contro chi? Contro tutti coloro che sono stati condannati in maniera definitiva per reati di mafia, a cominciare dagli ultimi in ordine di tempo e costituendosi poi immancabilmente parte civile nei nuovi processi. Tutti costoro dovrebbero essere ritenuti, a causa dell’affiliazione al sodalizio criminale oppure al suo appoggio esterno, responsabili in solido e costretti quindi a pagare con il proprio patrimonio, fosse anche di fonte lecita, non sequestrato o confiscato oppure ricevuto in eredità.

La Regione Siciliana ha potuto chiudere per anni i suoi bilanci sulle presunte entrate della valorizzazione del proprio patrimonio immobiliare che non ha sinora recato apprezzabili introiti. Il Comune di Palermo potrebbe fare qualcosa di più serio per rendere certo, liquido ed esigibile tale credito convincendo delle sue ragioni il mercato finanziario.

Perché il mercato finanziario possa anticipare, ancorché scontati, dei flussi futuri attraverso una normale cartolarizzazione, è necessario che ci creda e che li ritenga attendibili. Per questo motivo sarà importante approntare la più efficace cinghia di trasmissione che traduca l’azione civile in soldi veri.

Il Governo nazionale piuttosto che mettere nuovamente mano alla tasca per risolvere i problemi finanziari di Palermo con le potenziali ricadute sociali, potrebbe assecondare qualche richiesta di ordine giuridico funzionale a tale disegno risarcitorio che politicamente avrebbe un indiscusso consenso: facciamo pagare il conto ad una minoranza di malavitosi piuttosto che alla maggioranza dei cittadini!

Si tratterebbe di varare una legislazione speciale e necesariamente di rimangiarsi qualche consolidata garanzia giuridica. D’altra parte il Governo non lo ha già fatto con gli evasori scudati? In tempi eccezionali come questi lo stare ai patti potrebbe essere garantito in modo assoluto solo ai cittadini onesti e fedeli, i disonesti e gli infedeli dovrebbero accettare qualche “ripensamento” mentre un’associazione di assassini non dovrebbe ricevere nessun riguardo: la guerra è guerra!

Conoscere la situazione patrimoniale reale dei convenuti o dei loro eredi e svelarne l’allocazione dietro prestanome, schemi societari, sedi off-shore, ecc. è affare da intelligence privata incentivata a risultato (gli americani in queste attività sono maestri). Superare tematiche come prescrizioni dell’azione civile, collaborazioni di intelligene esterne, durata dei processi, ecc. sarebbe invece compito dell’azione collaborativa e innovativa sul piano giuridico del Governo nazionale.

Il Governo Berlusconi, tanto per dirne una, aveva riservato al fondo di giustizia i risarcimenti degli enti locali, intervenuti nei processi in qualità di parti civili, riconoscendo loro il solo rimborso delle spese legali.

Il ritorno d’immagine sarebbe epocale e davvero di monito per tutti, da Stato che fa sul serio la guerra al crimine organizzato.

Per quanto prudenzialmente possa essere quantificato il danno arrecato alla città di Palermo, basterebbe sicuramente per affrontare in bilancio anche € 600 mln di consolidande nuove passività e di debiti fuori bilancio.

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