“Aveva rifornito di metano anche alcune scuole. Lo ha sempre fatto e a volte non è stato pagato. Se tra questi istituti ci sia stato anche il Morvillo-Falcone, non saprei dirlo”. È sicuro di ciò che dice un artigiano di Copertino, una lunga conoscenza di Giovanni Vantaggiato, che da anni è tra i suoi clienti. Uno dei pochi, anche, ad averlo frequentato, negli ultimi tempi, visto che il presunto attentatore di Brindisi in paese è molto poco conosciuto. Il particolare dei rapporti con le scuole, interessate per il riscaldamento, è un tassello inedito che si aggiunge al complesso mosaico che colloca il sessantottenne salentino al centro di questa storia. C’è chi ne sa ancora di più, un caro amico del fratello docente in pensione. “I rapporti con l’area brindisina? In passato si è rifornito anche da lì e ha rifornito anche lì. Qualcuno non ha coperto tutti i debiti. O meglio, c’è stato un giro di fatture false, crediti cospicui ma sulla carta ridotti. E quando Vantaggiato è andato a riscuotere, ha ricevuto molto meno di quanto s’aspettasse. Il rapporto con l’uomo di Torre Santa Susanna è da leggere in quest’ottica”. “L’uomo di Torre Santa Susanna” è la controparte di Vantaggiato nel processo attraverso il quale il titolare del distributore di idrocarburi intendeva recuperare ciò che non aveva guadagnato. Che il cuore dell’attentato sia da rintracciare nella sua attività di rivendita di gasolio appare probabile. Eppure, non convince nemmeno quella sete di vendetta scatenata dalla possibile truffa da 300mila euro, per cui i magistrati brindisini non gli avrebbero reso abbastanza giustizia.

Certo, di Vantaggiato ora si dice tutto e il contrario di tutto. Burbero e taccagno. Semplicemente introverso e benestante. Ciò che appare palese, però, a Copertino, è che lui non avesse apparente motivo per arrivare a piazzare un ordigno di fronte a quella scuola. Anzi, per tutti lui sta coprendo qualcun altro. Ma chi? E perché?

Il ritratto che la sua città, terra di santi che volano e di vino buono, restituisce di lui, all’indomani del fermo giudiziario, è quello di un uomo insospettabile. E non perché riservato e placido, ma perché non poteva arrivare fino a quel punto. Non è un modo per scagionarlo, ma un ragionamento a voce alta, che mette in fila tutti i trascorsi, conosciuti, del sessantottenne. A Vantaggiato non mancavano i soldi. Questo è assodato. Difficilmente si sarebbe sporcato le mani per 300mila euro. Detiene tuttora uno yacht, un Camuffo 50, pagato in cash, dodici anni fa, per la cifra di due miliardi delle vecchie lire. Lo stesso su cui nel pomeriggio, per almeno sei ore, è stata effettuata una perquisizione da parte del nucleo artificieri di Brindisi. Lo stesso su cui, solo qualche giorno addietro, il suo amico artigiano lo ha visto eseguire la consueta manutenzione d’inizio estate, a Porto Cesareo, dove l’imbarcazione è ormeggiata. E lui era “assolutamente tranquillo, con il pensiero alle vacanze”. Vantaggiato è stato uno dei paperoni di Copertino, il re del gasolio, un monopolio da capogiro che ha fruttato milioni, fino a quando non è arrivata la rete di distribuzione del metano, qualche anno fa, e ne ha ristretto l’impero. “Il declino della sua attività è iniziato da lì – racconta ancora il suo conoscente, nell’anonimato per ragioni comprensibili – Ad ogni modo, però, è riuscito a reggere il colpo e non se la passava male, aveva accumulato grande ricchezza. Aveva un po’ abbandonato la sua rivendita, tant’è che ora è spettrale. Ma, d’altronde, è alle soglie della pensione e non avrebbe passato il testimone alle figlie, entrambe laureate”.

E poi aggiunge: “Quando ho visto il video diffuso dalle tv, per battuta ho detto ‘E’ Giovanni!’. E Giovanni era davvero, a quanto pare. Per me c’è dell’altro. C’è dietro qualcun altro”. Di nuovo, chi? Scavare nelle relazioni di Vantaggiato non dovrebbe essere complicato. Mai in giro, mai in un bar, mai in piazza. A Copertino chi parla di lui è solo chi lo conosce per davvero, chi ha condiviso con lui i quattro anni di emigrazione in Germania, chi è amico intimo del fratello insegnante, chi da quarant’anni va e viene dal deposito carburanti sulla strada per Leverano, gestito assieme ad un collaboratore, un quarantaquattrenne del posto. “Non avrebbe fatto male ad una mosca, incapace di covare tanto odio”. “Di negativo c’è stato solo quell’attrito di trenta anni fa, con il fratello che ha aperto un’altra rivendita”. “Con i criminali non ha mai avuto niente a che fare. Qui i mafiosi li conosciamo e non c’entrano nulla”. Questo si dice di lui. Solo questo. È un rebus fitto e intricato quello che unisce Vantaggiato alla morte di Melissa Bassi e a quel maledetto 19 maggio.

Il reato contestato di strage in concorso, aggravata da finalità di terrorismo, ha un “movente che non convince”, ha ripetuto il procuratore capo della Dda di Lecce, Cataldo Motta. Un movente che si svuota di senso, per il momento, nelle pieghe della sua Copertino e che per i suoi concittadini è spiegabile solo con una “copertura” fornita ad un’altra persona, mandante o complice. “Si sta addossando tutta la colpa. Per salvare chi?”. È la domanda regina, ossessiva, più importante del perché. “La bomba io l’ho fatta, io l’ho pensata – ha detto durante l’interrogatorio – L’ho fabbricata io nel deposito. Ho comprato fuochi d’artificio e li ho svuotati mettendo dieci chili di polvere pirica in ciascuna bombola”. Ed è proprio in quel deposito che in mattinata gli agenti della Scientifica, polizia e carabinieri, sono ritornati, dopo aver perquisito la sua abitazione fino alle tre di notte. “Gestisce questa rivendita assieme alla moglie?”, chiede una cronista al comandante dei carabinieri della compagnia di Gallipoli, Stefano Tosi. Lui sorride e risponde: “Sei proprio in alto mare”.

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