I Casalesi si rigenerano. Falcidiato dagli arresti, il clan riesce ad assoldare nuove leve per continuare le attività criminali. Figli di papà e vecchie reclute per rinnovare l’esercito. La direzione distrettuale antimafia di Napoli, nell’ultima operazione portata a termine, evidenzia la capacità della formazione camorristica di attingere tra i giovani ventenni, e non solo, per continuare a mantenere viva l’organizzazione. Sono finiti in manette in 13, accusati di associazione camorristica, legati al gruppo Schiavone, nell’operazione eseguita dai carabinieri di Caserta, guidati dal maggiore Alfonso Pannone, su ordine dell’antimafia partenopea, pm Giovanni Conzo, Cesare Sirignano, Catello Maresca, coordinati dall’aggiunto Federico Cafiero De Raho.

“Questo consolidato impianto organizzativo – scrive il gip Tommaso Miranda – ha permesso all’organizzazione criminale lo sviluppo di una indiscutibile capacità auto-rigenerativa, esercitata attraverso la selezione di nuovi soggetti capaci di adempiere alle direttive dei capi storici”. Alcuni degli arrestati sono stati raggiunti dalla misura cautelare in carcere perché già coinvolti in una precedente inchiesta. In questi mesi di indagine, la procura rileva la capacità dei boss dai penitenziari, attraverso i colloqui con familiari e parenti, di comunicare messaggi e direttive agli affiliati in libertà. Una comunicazione che avviene attraverso “un linguaggio criptico spesso affidato solo ad espressioni facciali o gesti appena accennati”.

In un’intercettazione ambientale emergono i consigli delle vecchie generazioni alle nuove leve. In auto Mario Caterino, arrestato nell’operazione, parla con Giuseppe Corvino, anche quest’ultimo finito in manette. Caterino riferisce le indicazioni che il padre Carmine gli ha fornito dal carcere sui locali ai quali imporre il pizzo. Il rampollo ha segnato su un foglio i nomi. Corvino si lascia andare a un consiglio da affiliato navigato: “Adesso questa carta …inc…mai nel portafoglio. O nella tasca davanti o nella tasca di dietro, che la puoi prendere, la puoi buttare, te la puoi mangiare… hai capito?(…) mai dentro la macchina, mai nel portafoglio, a volte ti fermano, ti levano il portafogli dalle mani”. Insomma, mangiare il pizzino in caso di controllo.

Mario Caterino, a soli 21 anni, è in carcere per associazione camorristica. Il padre Carmine è finito in manette nel settembre scorso per tentata estorsione ad un caseificio e raggiunto poi da questa nuova misura cautelare. Gli arresti hanno decimato i Casalesi che si rigenerano riprendendo elementi, inizialmente scartati. Francesco Barbato, di mestiere rapinatore, all’arresto di Carmine Caterino diventa il reggente della formazione criminale, insieme a Giuseppe Corvino e Mario Caterino. La nuova reggenza ha il compito “di gestire i proventi delle attività criminali poste in essere – scrive il Gip – nell’interesse del gruppo, di garantire l’assistenza dei sodali detenuti in carcere, di presidiare la predisposizione delle ‘mesate‘ da distribuire ai congiunti dei vari associati e, finanche, di intervenire per sanzionare disciplinarmente il comportamento di altri associati”.

Nei colloqui in carcere, registrati dagli inquirenti, emerge l’uso di una cassa comune del clan per sostenere gli affiliati ed evitare collaborazioni con la giustizia: “Hanno messo i soldi…mo devi vedere tu come fare” dice la moglie al detenuto Pasquale Caterino.

Non solo estorsioni, ma anche edilizia. In carcere è finito anche Stanislao Coppola, legato alla famiglia di Francesco Schiavone detto “Cicciariello”, esponente di primo piano del clan dei Casalesi, cugino di primo grado dell’omonimo capo clan, il noto “Sandokan”. Coppola è il camorrista, stando alle accuse della procura, che si evolve. Passa dalle estorsioni al ruolo di prestanome, più guadagni e meno rischi con affari anche nella ricostruzione del post terremoto a L’Aquila.

Ecco il racconto del pentito Raffaele Piccolo nell’interrogatorio del febbraio 2009: “Nel 2008, dopo essere uscito dal carcere, ho incontrato nuovamente mio cugino Stanislao Coppola e mi ha confermato che sta facendo ancora il prestanome e che si è costruito una casa faraonica insieme al fratello in Casal di Principe, mi ha detto che gestisce ancora il bar dei Pini in Casal di Principe per conto dei figli di Cicciariello e che insieme ai fratelli Coppola (…) ha costituito diverse ditte edili per conto del clan e in particolare per conto di Cicciariello e dei suoi figli con le quali vincono diversi appalti in Guastalla, provincia di Reggio Emilia, Castelfranco Emilia provincia di Modena, Firenze, Perugia e che inoltre in occasione del terremoto 2009 avrebbero conseguito i subappalti per la ricostruzione di L’Aquila”.

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