“Puoi, dunque devi”. Questa frase, sui volantini che Lauro De Bosis lanciò su Roma il 3 ottobre 1931, apriva i dieci comportamenti da tenere per lottare contro il fascismo, anche individualmente.
Un’esortazione che va oltre il suo periodo storico: è una chiamata all’interesse collettivo, alla partecipazione diversa dalla linea con la quale il presidente della Repubblica si è sentito di rispondere alla richiesta di un incontro con gli amministratori valsusini NoTav (“in coerenza con la natura del mio mandato e del mio ruolo non entro nel merito di contrasti politici”).
Ma il Capo dello Stato, secondo l’articolo 87 della Costituzione, non dovrebbe rappresentare l’unità nazionale ed essere garante della nostra Repubblica democratica, quella in cui, per dirla come Sartori, “i più prevalgono sui meno, ma contano anche i meno”? Quei meno che un buon Presidente della Repubblica avrebbe dovuto ascoltare, con o senza appuntamento, a prescindere dal cerimoniale.
Il “Fate presto!” di Pertini per esortare all’azione in Irpinia, le denunce delle colpevoli lacune in campo legislativo, l’accusa ai settori dello Stato che avevano approfittato della tragedia del Belice erano questioni su cui non era competente, almeno secondo le parole di chi ora occupa il Quirinale. Eppure non ha taciuto, non se ne è lavato le mani. E ancora, con il suo “Liberi fischi in libere piazze” a chi lo contestava, ha dimostrato che anche le minoranze hanno diritto di essere ascoltate, a prescindere dalla ragione o dal torto.
E se l’azione di Pertini ricorda il motto di De Bosis “Puoi, dunque devi”, rievoca anche quello di Don Milani “I care”, mi interesso. L’opposto del “Me ne frego” che pare essere, con le dovute edulcorazioni, l’implicita risposta di Napolitano a chi dissente, a chi non è convinto della “pur rilevante importanza, per l’Italia e per l’Europa, di quell’opera”.
E, chissà che, con la grande opera e la gestione del dissenso, i treni non tornino ad arrivare in orario.
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