Decimo giorno di bombardamenti su Homs. La terza città della Siria, ormai simbolo della rivolta contro il regime del presidente Bashar Assad, continua a subire una pioggia di razzi, cannonate e colpi di mortaio, concentrata soprattutto su alcuni quartieri come Bab Amr e Inshaat. Secondo fonti delle opposizioni siriane, citate dalla tv satellitare qatariota Al Jazeera, martedì i bombardamenti sono iniziati alle 5,30 del mattino e sono andati avanti per tutta la giornata. Almeno altre venti persone si aggiungono al conteggio delle vittime, che secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani, una Ong dell’opposizione basata a Londra, hanno superato le 400 persone da quando, il 4 febbraio, il regime ha lanciato la sua offensiva contro la città ribelle.

Nel quartiere di Inshaat, tra Bab Amr e il centro storico di Homs, secondo le testimonianze che rimbalzano sulle agenzie di stampa internazionali, i carri armati dell’esercito regolare hanno preso posizione nei punti nevralgici e bloccano qualsiasi movimento degli abitanti, costretti in casa. In altre zone del paese, inoltre, ci sono stati combattimenti tra le truppe regolari e i miliziani del Free Syria Army: a Taybeh, nel sud del paese, le forze di sicurezza sono entrate in città dopo un massiccio cannoneggiamento. Secondo Al Arabiya, a Homs le forze governative hanno sparato anche contro auto civili di persone che cercavano di lasciare la città, dove la situazione umanitaria diventa sempre più difficile, con penuria di medicinali, energia elettrica, e anche cibo in alcune zone.

La repressione che dura ormai da undici mesi è stata favorita dall’inattività delle Nazioni Unite. Lo ha detto l’Alto commissario dell’Onu per i diritti umani Navi Pillay, in una sessione speciale dell’Assemblea generale dell’Onu, riunita a New York per discutere anche la situazione siriana. Secondo Pillay, l’incapacità del Consiglio di sicurezza di arrivare a una risoluzione di condanna contro il governo siriano, ha indotto quest’ultimo a “intensificare” l’uso della forza per cercare di sconfiggere l’opposizione e a lanciare “attacchi indiscriminati” contro i civili, come quelli appunto in corso a Homs.

“Ci sono rapporti credibili secondo i quali la Siria ha ucciso almeno 5400 persone lo scorso anno – ha detto ancora Pillay – . Compresi civili e militari che si sono rifiutati di sparare sui civili”. “La scala e la natura degli abusi commessi dalle forze siriane – ha aggiunto Pillay – indica che probabilmente dal marzo del 2011 sono stati commessi crimini contro l’umanità”. La risposta dell’ambasciatore siriano all’Onu Bashar al-Jafari non si è fatta attendere. Al Jafari ha accusato Pillay di sostenere una tesi preconfezionata e di “rendere meno credibile” la difesa dei diritti umani. La Siria, ha detto al-Jafari, è vittima di attacchi terroristici contro i quali ha tutto il diritto di difendersi.

E mentre l’Onu decide se e quando discutere una nuova bozza di risoluzione, i paesi europei prendono posizione sull’ipotesi di una forza multinazionale di peacekeeping proposta dalla Lega Araba alla fine del vertice del Cairo, lo scorso fine settimana. Il ministro degli esteri britannico William Hague ha detto che eventuali caschi blu non dovrebbero venire dai paesi occidentali, mentre il suo collega francese Alain Juppe ha escluso “ogni intervento militare esterno”, perché – ha detto – avrebbe “effetti catastrofici”. L’impasse dunque, continua, con alcuni piccoli segnali di movimento. Da Pechino, per esempio, durante l’incontro con i rappresentanti dell’Ue, il premier cinese Wen Jiabao ha detto che la Cina “non prende le parti di nessuno all’interno della Siria, nemmeno del governo”. La Cina, ha spiegato Wen, è disponibile ad appoggiare qualsiasi azione che nell’ambito dei principi e delle regole dell’Onu possa portare “alla fine delle sofferenze del popolo siriano” e contribuire “alla pace e alla stabilità della regione”. Per questo, ha aggiunto ancora il primo ministro cinese, la Cina “è pronta a dialogare con tutte le parti in causa e con la comunità internazionale con spirito costruttivo”.

Parole volutamente aperte a più di una interpretazione, quelle di Wen, che potrebbero anche annunciare l’astensione cinese in caso di nuovo voto nel Consiglio di sicurezza, su una nuova bozza di risoluzione di condanna. Il segretario generale della Lega Araba, Nabil al-Arabi, è intanto volato a Berlino dove ha incassato il sostegno della cancelliera Angela Merkel alla proposta della Lega. Un appoggio, ha detto Merkel, «che sarà sottolineato dalle sanzioni». Quelle che l’Ue potrebbe decidere di varare già al prossimo consiglio dei ministri degli esteri, alla fine di questo mese.

di Joseph Zarlingo

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