Lo vedi arrivare con un cappello imbottito con una stella nera al centro, con il quale combatte il freddo del risveglio, che a Zurigo colpisce duro. I suoi amici sono già in radio con la tazza del cafè crème lungo tra le mani e gli occhi di chi sarebbe rimasto volentieri ancora un po’ a casa. “Come va?” dai suoi baffi l’immancabile sorriso sembra dire “Alles tip top” (“Tutto bene”), ma è solo un pensiero. Angelo, da tutti chiamato Tinari col suo cognome, dirige Radio L’ora, storica emittente popolare di Zurigo, nella quale gestisce lo spazio dedicato agli italiani ogni domenica mattina, da sempre. Perché a Zurigo quando una cosa è radicata tanto da non ricordarti la data d’inizio, è “da sempre”.

Anche l’età del Tinari è “da sempre”. Ha lavorato una vita in una fabbrica di sci, e ogni domenica, come ha sempre fatto nella vita, è in radio, dove i cinquemila italiani che lo seguono l’aspettano per lo spazio delle telefonate. Tra un pezzo di De Andrè ed uno di Jovanotti, sempre pertinente al tema del giorno, Angelo dà vita a una trasmissione in cui si dibatte sui problemi di attualità. Le voci degli ascoltatori sono semplici e domenicali, ma quando affronta i temi legati alla “casta”, esplodono surriscaldando il telefono. Con le sue cuffie e gli occhiali alla “Geppetto” risponde o si collega con gli ospiti al talk con pazienza. Con la radio organizza viaggi, feste, incontri e l’immancabile calendario che a Zurigo va a ruba.

Giorni fa in redazione mi arriva una signora alle sei di sera (orario notturno per Zurigo) e mi chiede: “Vengo da Ulster, mi avevano detto che potevo ritirare il calendario al giornale”. Le chiedo perché viene da così lontano per il calendario, potevamo spedirglielo. Lei mi risponde in dialetto lucano: “Mmm… senza il calendario l’anno non comincia, poi finiscono”. Il calendario di Radio L’ora è più popolare di quello della Pirelli, e non ha niente di particolare. Niente foto famose, niente effetti speciali. Solo calendario, un semplice calendario con la scritta Radio l’Ora e qualche sponsor, che la radio offre ai suoi ascoltatori dopo le feste.

Tinari conosce bene la sua gente; le sue feste di fine anno hanno più di mille partecipanti e sono organizzate perfettamente. Con la lotteria popolare finanzia la Radio e tutto ciò che serve per l’intero anno. Un giorno mi mostrò una serie di fotografie artistiche, realizzate con la sua Reflex. Erano le mani di tutti gli italiani e le italiane che aveva ritenuto interessanti. Mani pulite, mani di gente per bene, deformate, callose, piene di pieghe a volte con dita mutilate perché di operai delle falegnamerie. Mi raccontava di quelle persone senza volto, erano solo mani. Credo un’opera d’arte di infinito valore ma che ancora nessuno ha mai deciso di esporre. “Forse un giorno – mi diceva – Ora ho da fare, devo andare in radio”.

Lo potete incontrare di domenica, o in qualche conferenza stampa, il Tinari, l’italiano che rifiutò l’onorificenza di Cavaliere del Lavoro della Repubblica perché sulla pergamena c’era la firma di Gianfranco Fini, ministro degli Esteri, dicendo: “Non accetto medaglie e titoli da un fascista.” Gira con il registratore a tracolla e il microfono in mano, lì nel quartiere Langgasse, a Zurigo dove per gli italiani i giorni passano disegnati sul suo calendario.

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