Cultura

Torino, muore a 85 anni Carlo Fruttero
Per 50 anni scrittore “in coppia”

Nel 1951 comincia il suo sodalizio con Franco Lucentini, suicida nel 2002. Dopo la scomparsa dell'amico smette di scrivere per riprendere nel 2006 con 'Donne informate sui fatti'. Nel 2010 con Massimo Gramellini pubblica 'La Patria bene o male', un "almanacco essenziale dell'Italia unita in 150 date"

di Domenico Naso
Carlo Fruttero nell'ultima apparizione televisiva

Dici Fruttero e ti viene in mente Lucentini. Subito, in automatico. Associazione naturale per un sodalizio letterario lungo quasi mezzo secolo che ha funzionato alla perfezione, tra giornalismo, traduzioni e romanzi gialli, tutto condito dall’ironia della “ditta”, diventata quasi proverbiale. Una coppia vincente che magari si riunirà da oggi in poi, visto che Carlo Fruttero è scomparso all’età di 85 anni dopo dieci anni di “vedovanza”.

Franco Lucentini, infatti, se n’era andato nel 2002, a 82 anni, e per quattro anni Carlo Fruttero non aveva più scritto, quasi come se sentisse troppo forte la mancanza della sua perfetta “metà” artistica, quasi come se dovesse elaborare un lutto difficile da mandare giù. Il ritorno in libreria è del 2006, con “Donne informate sui fatti”(finalista al Campiello 2007). Nel 2010, poi, una raccolta di successo (“Mutandine di chiffon”), infarcita di vecchie prefazioni scritte per libri e riviste altrui. E ancora nel 2010, un altro bestseller, “La Patria, bene o male”, scritto a quattro mani con Massimo Gramellini.

Uomo esile, minuto, tanto timido nel fisico quanto sferzante di lingua, sempre pronto a dispensare pillole di salace saggezza nelle sue pochissime apparizioni televisive (prevalentemente ospite di Fabio Fazio, che per il vecchio Fruttero nutriva una sorta di adorazione). Poche “ospitate”, dunque, ma era sempre un piacere per orecchie e menti ascoltare cosa aveva da dire quella penna difficilmente superabile sulla vita, sulla morte, sul passato , sul futuro, sull’Italia. Tanto da far sbottonare anche un arcicritico Aldo Grasso, che sulla sua presenza televisiva si era speso con entusiasmo quasi adolescenziale: “Al diavolo «La pupa e il secchione»! Al diavolo Platinette e i suoi conati di moralismo! Al diavolo la categoria infestante degli opinionisti (l’opinione inghiotte il pensiero e lo restituisce come sterco)! Al diavolo Crozza! Fermi tutti, c’è Carlo Fruttero”. Zitti tutti, è vero. A cominciare da quel Fabio Fazio che al cospetto di Fruttero diventava ancora più timido e mansueto del solito, lasciando la scena alla lenta ma illuminante riflessione di un ultraottuagenario che ne sapeva tante, troppe.

E allora perdere Fruttero, oggi, è stato un colpo al cuore per chi tiene ancora a quel genio italico che spesso si rispolvera a sproposito per stilisti o cantanti e che si dimentica totalmente quando c’è da descrivere la parabola di uno scrittore che è stato grande pur senza ergersi a maitre à penser, vivendo con ironia e leggerezza, snobbando i salotti radical chic e rivolgendosi direttamente al pubblico.

Un pubblico, quello di Fruttero&Lucentini, che forse ha un’età media piuttosto alta, va detto. Ma anche questa è la conseguenza di un altro male tutto italiano: il nuovismo sfrenato. Se hai ottant’anni o più e non frequenti con assiduità i salotti televisivi, non sei spendibile commercialmente. Con il risultato che la stragrande maggioranza dei ventenni e trentenni di oggi non sa nemmeno chi siano Fruttero&Lucentini. Poco male, perché i due scrittori, almeno a leggere i loro scritti, non avevano grandissima stima negli italiani: “Tranne forse gli animali delle favole di La Fontaine, nessuno è mai stato bravo come gl’italiani nell’arte d’inventare nobili pretesti per eludere i propri doveri e fare i propri comodi”. E vai a dargli torto…

http://twitter.com/domeniconaso

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